Sarà italiano uno dei primi esempi su scala industriale di CCS applicato a un impianto di termovalorizzazione. Il progetto proposto dal Gruppo Hera in collaborazione con Saipem, è stato selezionato tra i progetti mid-scale dell’EU Innovation Fund e riceverà un finanziamento da 24 milioni di euro.
Il progetto a Ferrara
Un investimento da 53 milioni di euro per catturare l’anidride carbonica in uscita dai camini dei termovalorizzatori, e stoccarla nei giacimenti di gas naturale esauriti. L’obiettivo dell’ambizioso piano in lizza tra i progetti mid-scale dell’EU Innovation Fund è decarbonizzare i termovalorizzatori, abbattendo così le emissioni di C02 delle strutture adibite al trattamento dei rifiuti. Il progetto proposto dal Gruppo Hera, capofila, in collaborazione con Saipem, per essere implementato sul territorio di Ferrara, ha ottenuto il punteggio più alto nel bando europeo dell’ Innovation Fund. In Italia si tratta del primo pensato per essere applicato ai termovalorizzatori, ma potrebbe aggiudicarsi il primato anche in Europa.
Replicabile nel comparto hard to abate
L’interesse delle autorità europee per l’iniziativa è dovuto all’alto livello di innovazione e alla potenziale replicabilità su larga scala in altri settori industriali hard to abate. I fondi Europei copriranno una quota significativa (24 milioni in tutto) del capitale totale previsto per la realizzazione dell’impianto per la cattura della CO2, che salvo imprevisti, dovrebbe essere operativo per il 2028.
La tecnologia utilizzata
Più nel dettaglio, il progetto pilota che sarà sviluppato a Ferrara, prevede l’applicazione di una innovativa tecnologia enzimatica per la cattura dell’anidride carbonica nei processi industriali di piccoli e medi emettitori, denominata da Saipem, Bluenzyme™. Il fenomeno di cattura enzimatica, a basso impatto ambientale, viene alimentato a sua volta da calore a bassa temperatura, come quello geotermico.
Grazie all’impiego di tale innovazione, l’impianto potrà catturare il 90% circa delle emissioni di una delle due linee del termovalorizzatore, ovvero 64 mila tonnellate di CO2 all’anno (equivalente alle emissioni annuali di circa 37 mila automobili), rendendo quindi sostenibile l’intera produzione di energia ottenuta dalla termovalorizzazione dei rifiuti indifferenziati. La rimanente quota di CO2 emessa dall’impianto è di natura biogenica e quindi neutrale dal punto di vista ambientale. L’anidride carbonica catturata verrà poi trasportata tramite condotta e stoccata nei giacimenti di gas esauriti dell’Adriatico.
Energia elettrica da fonti rinnovabili
Una delle peculiarità di questo innovativo sistema è la massimizzazione dell’efficienza energetica, possibile soprattutto grazie allo sfruttamento di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili. Nello specifico sarà impiegato calore fornito da fonte geotermica convogliato tramite la rete di teleriscaldamento della multiutility Heram una novità per i sistemi di questo genere.
Come funziona un termovalorizzatore
I termovalorizzatori sono impianti progettati per la gestione dei rifiuti solidi urbani attraverso la combustione, trasformando i rifiuti in energia elettrica e calore (caratteristica che li distingue dagli inceneritori tradizionali).
Una volta conferiti all’impianto, i rifiuti subiscono un pretrattamento per rimuovere materiali non combustibili. Il materiale residuale viene quindi introdotto in una camera di combustione ad alta temperatura, tipicamente tra 850 e 1.200 gradi Celsius. In genere, il calore generato dalla combustione viene utilizzato per riscaldare acqua e produrre vapore che alimenta una turbina volta a generare energia elettrica.
I fumi prodotti durante la combustione, però, proprio come avviene per i comuni inceneritori, contengono varie sostanze inquinanti, che i sistemi di depurazione, checchè se ne dica, non riescono a filtrare come dovrebbero. Inoltre, tra le ceneri residue derivanti dalla combustione, vi sono quelle classificate come “volanti”, difficilmente smaltibili in modo sicuro.