L’aumento del costo dell’energia e dei consumi legati alla transizione digitale guidata dallo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale pone con urgenza nuove sfide. È opportuna una nuova legge quadro? Energia Italia News ha intervistato l’Onorevole Enrico Cappelletti, Commissione Industria – Camera dei Deputati.
Onorevole, ad oggi, il dibattito internazionale si concentra principalmente sugli elevati consumi energetici dei data center, tanto che molte delle Big Tech che ne fanno uso, prima tra tutte Google, hanno iniziato a puntare su fonti rinnovabili per gli approvvigionamenti elettrici. Lei cosa ne pensa?
Penso innanzitutto che sono un settore strategico importantissimo per la nostra economia. In questo momento non ci troviamo in una situazione particolarmente felice. Pensate che gli ultimi 22 mesi hanno visto il segno meno davanti all’andamento della produzione industriale e manifatturiera del nostro Paese.
Praticamente 24 mesi, su 25 di governo, hanno avuto il segno meno davanti. Questo è un problema non indifferente che è aggravato anche dal costo dell’energia. Per cui rispetto a settori legati al settore digitale, come ai data center, è necessario prestare una grande attenzione, ma bisogna creare le condizioni per rendere appetibili questi investimenti nel nostro Paese.
Oggi la questione è molto semplice. Per poter fornire energia a costo basso occorre avere un mix energetico che sfrutti al massimo le fonti di energia, ad un costo più basso. Mi sembra una cosa ovvia.
Un errore strategico che è stato fatto in particolar modo negli ultimi due anni, ma non solo nel nostro Paese, anche negli anni precedenti, è stato quello di concentrare la produzione di energia elettrica sul gas, rendendola dipendente dalle fluttuazioni dei mercati internazionali. Se ne è parlato anche questa mattina in aula alla Camera dei Deputati. Puntando tutto sul gas, abbiamo mancato l’obiettivo di acquisire una maggiore autonomia energetica e siamo chiaramente legati all’andamento del prezzo sui mercati internazionali. Da questo discende anche il costo ultimo delle bollette.
No, al contrario, dobbiamo investire maggiormente, ovviamente in maniera progressiva, nel rispetto all’ambiente, ma dobbiamo investire nelle fonti energetiche che possono creare energia a costi più bassi, che sono le rinnovabili, e dunque ottenere maggiore autonomia e resistenza rispetto a queste crisi che ormai sono all’ordine del giorno.
Parliamo della diffusione dei data center in Italia, dove si inizia a parlare di regolare il settore con un’apposita legge quadro per ridurne l’impatto ambientale. Secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano, il mercato della collocation dei Data Center, ossia la compravendita o l’affitto di infrastrutture abilitanti per il posizionamento di server, ha raggiunto nel 2023 il valore di 654 milioni di euro (un aumento del 10% rispetto al 2022) e potrebbe raddoppiare nel 2025. Perché secondo Lei il territorio italiano è così appetibile per le Big Tech?
Rispetto all’high tech e alla digitalizzazione abbiamo perso anche delle occasioni veramente importanti nel recente passato. Penso ad esempio agli investimenti annunciati, plurimiliardari, da Intel in Italia, che poi ha scelto un Paese diverso, la Germania, la Polonia, perfino Israele, per i propri investimenti, escludendo il nostro Paese.
Dobbiamo fare una riflessione più a monte. Come facciamo a trasformare il nostro Paese in un Paese competitivo in considerazione del fatto che non possiamo puntare sulla competitività del costo del lavoro? Puntare sul costo del lavoro è chiaramente un errore strategico, non lo possiamo fare, al contrario dobbiamo remunerare in maniera importante il lavoro, ma deve essere un lavoro legato alla tecnologia, all’innovazione, alla creatività. Da qui la centralità del digitale, settore strategico primario.
È vero che ci sono queste stime di previsione e di investimento, come analogamente sta avvenendo anche in molti altri Paesi, penso all’Irlanda, alla Germania, che sono anche più avanti di noi da questo punto di vista. Noi, come Movimento cinque stelle, abbiamo presentato in discussione una proposta legislativa per facilitare le realtà imprenditoriali del settore energetico, in primis delle fonti rinnovabili, quindi a costi più bassi, allo scopo di rendere anche più appetibile l’investimento nel nostro Paese.
Quello della transizione digitale è un appuntamento a cui non possiamo mancare perché rischiamo di perdere il treno della competitività delle nostre imprese, del nostro sistema produttivo da qui ai prossimi decenni.
E con l’avvento dell’intelligenza artificiale, ci sarà sempre più bisogno di queste strutture, ci sarà sempre più bisogno naturalmente di energia per farle funzionare.
Rimanendo sul tema energetico, un argomento che oggi divide l’opinione pubblica è il possibile ritorno dell’energia nucleare, soprattutto nell’ottica di ridurre le emissioni di CO₂ e garantire approvvigionamenti stabili per il futuro. Proprio stamattina il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha annunciato che il Testo Unico e il programma nazionale saranno pronti entro il 2027.
Onorevole Cappelletti, secondo Lei, il nucleare può avere un ruolo strategico nello scenario energetico che si sta delineando, soprattutto in relazione alle necessità dei data center?
Lo stesso Ministro che ha fatto questa dichiarazione, non più di qualche mese fa, ha dichiarato che la creazione di un deposito unico per le scorie nucleari, che deve risolvere un problema che è stato creato in Italia 40 anni fa – le scorie noi le abbiamo ereditate, in parte sono quelle di uso civile, in parte sono quelle risalenti a un’epoca nucleare passata – è rimandata al prossimo Governo. Quindi, nonostante nella precedente legislatura fossero stati fatti passi in avanti in questo senso, l’attuale Governo ha addirittura rinunciato ad intervenire con l’individuazione di un deposito di scorie nucleari. Ha invece presentato un programma per realizzare 50 centrali nucleari di piccole dimensioni, o decine di centrali nucleari di grandi dimensioni. È chiaramente poco credibile e anche poco serio, se consideriamo che il problema delle bollette in Italia e quello della scarsa competitività dell’azienda legato ai costi energetici, è un problema di oggi, il problema delle famiglie che non arrivano a fine mese perché non riescono appunto a pagare le bollette, è un problema di oggi. Non possiamo presentare come soluzione a questo problema l’ipotesi, la proposta del nucleare, che nel migliore dei casi potrebbe portare ad accendere la prima lampadina tra 20 o 30 anni. Per cui ha senso in questo momento impegnare risorse pubbliche, perché di questo si parla, per decine di miliardi, in progetti che forse porteranno ad una disponibilità di energia elettrica tra 20 anni, quando invece il problema è contingente?
Il problema dell’energia di cui stiamo parlando, è il derivato del fatto che in Italia l’energia costa troppo, perché abbiamo un mix energetico che è troppo spostato verso il gas. Cosa proponiamo per ridurre i costi? Investire sul nucleare, che crea energia ad un costo maggiore, ancora ulteriore rispetto a quella del gas. Chiaramente un non senso, forse una mancanza di volontà legata agli interessi della lobby del futile che in Italia ancora è molto forte e qui in Parlamento lo si avverte quasi quotidianamente.
Parlando di digitalizzazione, non possiamo ignorare le modifiche al pacchetto Transizione 5.0 in Legge di Bilancio, per il sostegno al processo di trasformazione digitale ed energetica delle imprese. Alcune revisioni, come la riduzione delle aliquote e le nuove modalità di calcolo del risparmio energetico, sono state criticate come poco incisive.
Onorevole, perché queste misure rischiano di risultare inefficaci? E quali interventi ritiene necessari per supportare realmente le imprese in questa transizione?
Hanno fatto una legge, Transizione 5.0, che prevede 16 diversi livelli di approvazione burocratica di procedure per ottenere questo incentivo. Ma scusatemi, esisteva una legge fatta dal governo precedente che era Transizione 4.0 che aveva dimostrato di funzionare e funzionare bene […].
Qual è il risultato? Mi dica lei: c’è uno strumento che funziona, c’è una copertura, che è una cosa rara in Italia, c’è una disponibilità economica per la copertura, ma viene congelato per un anno per poi venire nuovamente alla luce in una modalità che presenta tanti di quegli ostacoli da disincentivare anche l’azienda più motivata. I finanziamenti PNRR sono legati rigidamente ad un tempo di esecuzione, di utilizzo di quelle risorse, per cui si stanno restringendo in maniera tale da rendere di fatto inutilizzabile questo strumento. È uno dei fallimenti, non l’unico. Anche stamattina in Aula abbiamo cercato di far presente la questione al Governo perché è stato un danno, un danno fatto all’economia, all’intero Paese e a tutti i suoi cittadini.