Sotto la superficie terrestre c’è un microbo chiamato ‘Geobacter sulfurreducens’, in grado di creare una rete elettrica biologica. Cosa si conosce al momento di tale processo? Le recenti scoperte
Il Geobacter
Il Geobacter è un batterio molto particolare e noto soprattutto per il suo potenziale nella produzione di energia pulita, in particolare tramite processi di bio-elettrogenesi (passaggio di correnti nei tessuti). Ma di cosa si tratta nello specifico?
Mediante una respirazione anaerobica, questi organismi riescono a trasformare composti organici e inorganici in elettricità utilizzabile. Proprio il Geobacter sulfurreducens, nello specifico, viene studiato dagli scienziati per apposite applicazioni. Di quali parliamo?
Vari utilizzi
Analizzare la complessa rete elettrica creata da tali esseri viventi può aiutare di certo nella realizzazione di biomateriali importanti per la decarbonizzazione globale, ma bisogna prima capire quali sono i vari utilizzi.
Il più importante riguarda la conversione dei rifiuti organici, come scarti agricoli o acque reflue, in energia, o la riduzione dei metalli pesanti e di altre sostanze tossiche. Altri invece vengono adoperati per sviluppare sensori biologici e rilevare la presenza di composti nell’ambiente.
Biocarburanti come l’idrogeno
Sono ancora in corso gli studi per capire come sviluppare ceppi di Geobacter in grado di produrre biocarburanti come l’idrogeno, da poter anche sfruttare su larga scala. Ma su questo, c’è tanta strada da fare.
Lavorando ai processi di coltivazione del batterio, si potrebbe migliorarne l’efficienza energetica e comprendere anche nel dettaglio come funziona la creazione di questa rete elettrica microbica. Ciò che si sa al momento, è che per respirare vengono trasferiti gli elettroni in eccesso a minuscoli strutture elettriche definite appunto nanofili.
Quest’ultimi poi, sviluppano una sorta di griglia biologica connessa che rende possibile la vita. Anche su questo specifico processo ci sono tantissimi dubbi e risposte mai date. Gli scienziati della Yale University e della NOVA School of Science and Technology di Lisbona, in Portogallo, hanno però trovato una famiglia di proteine che potrebbe essere la responsabile di tutto.
I citocromi
Parliamo dei citocromi, che agiscono essenzialmente come spine di ricarica per i nanofili indicando il percorso necessario per rilasciare gli elettroni in eccesso. I risultati di questo studio sono stati di recente pubblicati sulla rivista Nature Communications.
Continuare a studiare tali proprietà bioelettriche potrebbe contribuire alla decarbonizzazione e alla lotta ai cambiamenti climatici, considerando che uno stesso comunicato della Yale parla della capacità di tali microbi di assorbire l’80% del metano presente nell’oceano.
La loro conoscenza poi, potrebbe portare allo sviluppo di diversi biomateriali e compiere ulteriori progressi importanti per la produzione della bioenergia.