Le strutture per stoccare energia pulita in rete stanno innovando il settore. Doppiata la quantità installata nel 2022, e i prezzi crollano. Cina leader indiscusso delle batterie al litio. Mentre l’America investe sulle alternative agli ioni di sodio.
La decarbonizzazione del settore energetico sta richiedendo la costruzione di una quantità sempre maggiore di pannelli solari e turbine eoliche: ma dove sono le batterie per immagazzinare tutta quest’energia? È proprio a questo tema che viene dedicato un approfondimento dell’Economist che mappa innovazioni e leader del settore.
L’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) calcola infatti che la capacità installata globale di batterie per l’accumulo di energia sulla rete dovrà aumentare dai circa 200 gigawatt del 2023 a più di un terawatt entro la fine del decennio e quasi cinque terawatt entro il 2050. “Questa attività sta finalmente prendendo il turbo”, scrive il settimanale inglese.
Secondo l’Iea, nel 2023 sono stati installati 90 Gw di batterie per l’accumulo di energia a livello globale, il doppio della quantità del 2022, divisi in due terzi per la rete e un terzo per altre applicazioni, come gli impianti solari residenziali. Questa diffusione sta provocando un calo sensibile dei prezzi. Secondo la società di consulenza Bain, il mercato dell’accumulo su scala di rete potrebbe espandersi dai circa 15 miliardi di dollari del 2023 a una cifra compresa tra 200 e 700 miliardi di dollari nel 2030 e tra uno e tre migliaia di miliardi di dollari entro il 2040.
Anche le batterie al litio iniziano a costare di meno. Per Bloomberg Nef, il prezzo medio delle batterie al litio per kilowattora utilizzate per l’accumulo è sceso del 40% tra il 2019 e il 2023, e l’interesse dei produttori, data la decelerazione globale dei veicoli elettrici, si sta orientando proprio verso le batterie per l’accumulo di energia sulla rete. Per capirci: nel 2019 le batterie al litio utilizzate in questo settore costavano il 50% in più rispetto a quelle dei veicoli elettrici, mentre nel 2023 questa differenza è scesa al 20%.
Secondo l’Iea, l’energia solare – combinata con le batterie per l’accumulo su scala – è al momento competitiva con l’elettricità a carbone in India ed è sulla buona strada per diventare più economica del gas in America tra qualche anno.
Chi sono i leader del settore
Il centro della produzione globale di batterie è la Cina. È sede di quattro dei cinque maggiori produttori al mondo, tra cui Catl e Byd, e la crescita di queste aziende è stata supportata da politiche statali lungimiranti, che hanno imposto alle aziende produttrici di impianti solari ed eolici di investire anche sull’accumulo di energia.
Inoltre, queste società fanno dell’innovazione il loro fiore all’occhiello. Catl, fornitore chiave di Tesla, ha aumentato di otto volte i suoi investimenti in ricerca e sviluppo dal 2018, arrivando a 2,5 miliardi di dollari l’anno scorso. Byd ha costruito nella città di Hefei uno stabilimento quasi interamente automatizzato, grazie a robotica e intelligenza artificiale. Secondo Bloomberg Nef, la Cina produce già abbastanza batterie al litio per soddisfare la domanda globale. La sua industria ha annunciato piani per ulteriori 5,8 terawattora di capacità entro il 2025, più del doppio dell’attuale capacità globale di 2,6 terawattora.
Questo, sottolinea l’Economist, costituirà “un grosso problema” per la concorrenza, dato che i prezzi caleranno ulteriormente. E molte startup occidentali di batterie hanno già accusato il colpo. Un esempio è Northvolt, azienda svedese considerata da alcuni come la risposta europea alla Cina. L’anno scorso ha riportato una perdita di 1,2 miliardi di dollari e sarebbe in arrivo una riduzione della forza lavoro. “Dobbiamo prendere decisioni difficili”, ha dichiarato il Ceo Peter Carlsson.
“Tuttavia, un bagno di sangue tra i produttori di batterie potrebbe aiutare, anziché danneggiare, l’adozione delle batterie da accumulo”, commenta il settimanale inglese, riferendosi sempre al calo dei prezzi.
In risposta potrebbe anche nascere delle alternative, come le batterie agli ioni di sodio. Queste batterie sono più economiche del litio, ma hanno una densità energetica inferiore (la questione riguarderebbe però soprattutto i veicoli elettrici, legati al problema dell’autonomia, mentre potrebbero intaccare relativamente le batterie da accumulo).
Natron, azienda americana sostenuta dal gigante del petrolio Chevron, sta investendo 1,4 miliardi di dollari per costruire una fabbrica di batterie agli ioni di sodio nella Carolina del Nord, con apertura prevista per il 2027. Landon Mossburg, amministratore delegato di Peak Energy, altra startup che punta sugli ioni di sodio, afferma di volere che la sua azienda diventi “la Catl d’America”.
Tom Jensen, Ceo della startup Freyr Battery, ha commentato che “l’unico modo in cui le aziende di batterie occidentali saranno in grado di competere è attraverso le nuove tecnologie”. La startup EnerVenue sta commercializzando una batteria al nichel-idrogeno. L’azienda ha raccolto oltre 400 milioni di dollari e costruirà un impianto nel Kentucky, con l’obiettivo di produrre batterie economiche per immagazzinare energia sul lungo periodo.
È cruciale che queste nuove tecnologie riescano a soddisfare la crescente domanda di energia che viene dai data center. I giganti tech vorrebbero alimentare questi centri con le energie pulite, ma l’obiettivo non è ancora stato raggiunto. In questo settore le batterie agli ioni di sodio potrebbero fare la differenza, dal momento che sono meno infiammabili rispetto alle sorelle al litio (aspetto molto apprezzato dai data center, continuamente a rischio di stress termico a causa dello sfruttamento intensivo dei server).
Insomma, come ha commentato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Iea: “Le batterie stanno cambiando le regole del gioco sotto i nostri occhi”.