Con l’ultima strategia energetica pubblicata dal governo, l’Italia ha deciso di puntare sul ritorno al nucleare riordinando il quadro legislativo e prevedendo una quota di energia da fonte nucleare nel Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima) che dovrà essere garantita soprattutto da piccoli reattori modulari (Smr). Sentiamo sul tema Alessandro Dodaro, Direttore Dipartimento Nucleare presso ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile).
Energia Italia News. Qual è il contributo attuale del nucleare nella generazione di energia elettrica in Italia, e quali scenari si possono immaginare per il futuro, considerando gli obiettivi di decarbonizzazione?
Alessandro Dodaro. “Il pniec è abbastanza realistico, nel senso che non parla di cominciare domani, quindi di avere del nucleare che produca energia elettrica in Italia da subito, ma si parte dalla metà degli anni 30. Questo per raggiungere quell’obiettivo sancito dal Pniec di avere almeno il 10% come minimo nel 2050, che è l’obiettivo che tutti abbiamo sul Net Zero, cioè di non produrre energia elettrica da fonte fossile. Diciamo che è un percorso sfidante. Nel senso che oggi l’Italia dipende dall’estero fra importazione diretta e materie prime, come gas e carbone per oltre il 75% del proprio fabbisogno”.
Energia Italia News. Noi comunque ci approvvigioniamo di energia elettrica da fonte nucleare dall’Estero?
Alessandro Dodaro. “Si, da Francia, Svizzera e altri paesi, che danno energia diretta, principalmente da fonte nucleare, anche perché è la più economica in Europa, e poi compriamo gas e carbone che sono una grossa parte. Noi importiamo circa il 16% di energia diretta. Il nostro è un obiettivo sicuramente sfidante, perché si parte da una situazione che non vede il nucleare utilizzato, con un quadro normativo da risistemare e un’autorità di sicurezza nucleare, che non ha oggi nel suo compito quello di controllare le centrali nucleari e quindi va riformata anche quella. Bisogna inoltre superare il gap della poca dimestichezza che il popolo italiano ha con questa tecnologia, quindi poca informazione e da qui la paura comprensibile per una cosa che non si conosce. Il contributo che alla fine potrà dare è ragionevole che sia fra il 10-20% nel 2050. Prima cominciamo a lavorarci, prima arriviamo a quell’obiettivo”.
Energia Italia News. I piccoli reattori modulari (SMR), può spiegarci in dettaglio cosa sono, e quali sono i vantaggi rispetto ai reattori tradizionali?
Alessandro Dodaro. “Gli SMR sono derivati dai reattori di terza generazione che attualmente stanno cominciando ad essere dispiegati nel mondo, sono estremamente sicuri e caratterizzati da quelle che si chiamano sicurezze passive, che non hanno bisogno di elettricità per entrare in funzione. Il pericolo più grande per una centrale è non avere elettricità per raffreddare il nocciolo, che qui non serve, quindi la sicurezza è portata agli estremi. La differenza con i reattori di terza generazione è proprio la taglia. Si tratta di piccole centrali da qualche decina a qualche centinaio di MW, contro gli oltre 1000-1500 MW delle più grandi, come quella che ha preso servizio in Finlandia lo scorso anno. Il vantaggio grosso è l’investimento iniziale che è sicuramente più basso rispetto a una centrale di grandi dimensioni e quindi potrebbe, anche in paesi che non puntano tutto sul nucleare come l’Italia, favorire l’investimento di capitale. Inoltre con quelli della generazione successiva, i cosiddetti Amr, gli Advanced Modular Reactor, c’è la possibilità di chiudere il ciclo del combustibile, quindi riutilizzare il combustibile già impiegato dalle altre centrali e rendere ancora più sostenibile l’energia nucleare, perché non si lascerebbero grandi quantitativi di rifiuti da gestire alle prossime generazioni per millenni. Quindi è un doppio percorso, quello immediato sui piccoli reattori ad acqua e quello futuro sui reattori raffreddati a metallo liquido, appunto questi Amr, che permettono di minimizzare i rifiuti a lunghissima vita media”.