Roma, 04/07/2024 Notizie e approfondimenti sui temi dell’Energia in Italia, in Europa e nel mondo.

Eolico offshore, i recenti sviluppi nel Mare del Nord e la situazione nel Mediterraneo. La video intervista a Davide Astiaso Garcia (ANEV)

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L’eolico offshore è oggetto di interesse internazionale. Ma di cosa si tratta nello specifico? E qual è la situazione del Mediterraneo?

Parliamo della produzione di energia elettrica da fonti eoliche installate nei contesti offshore, ovvero in acque marine. Questa tecnologia esiste da anni, ma sta avendo uno sviluppo significativo soprattutto nei mari dei Paesi situati nel Nord Europa. La ragione?

Sia per la buona ventosità delle zone, sia per delle planimetrie più basse. Questo permette l’installazione di turbine fisse (bottom fixed).

Nel Mediterraneo invece, i fondali sono molto profondi, e a oltre 60-70 metri non c’è più possibilità di utilizzo per tali dispositivi. Qui però, abbiamo avuto la prima installazione di un parco offshore di pari livello, di fronte al porto di Taranto e dalla potenza di 30 MW.

Il quadro in Italia?

Oggi il settore prevede l’utilizzo di 2 possibili impianti: quello a fondazione fissa o galleggiante (floating). Quest’ultimo offre maggiori opportunità per il Mediterraneo, essendo anche adatto a planimetrie profonde. Riuscirà questo a rendere i nostri territori più attrattivi anche per l’estero?

Terna, il nostro TSO, ha ricevuto più di 100 GW di richieste di autorizzazione di connessione alla rete, e dunque già un numero molto elevato.

Quale il contributo dell’eolico offshore nel raggiungimento delle zero emissioni?

L’eolico offshore giocherà un ruolo significativo, con una potenza prevista di circa 2,1 GW al 2030. Siamo in attesa di un decreto FER 2 che vada a regolare le procedure d’asta sulle rinnovabili meno sviluppate, e dal costo di produzione più elevato. Altra sfida da superare è quella dell’autosufficienza energetica.

Noi qui abbiamo il vento, il sole e tutte le risorse per raggiungere con l’eolico a terra le ambizioni fissate ai prossimi 3 anni. Dobbiamo solo raddoppiare la potenza superando le criticità. Ogni tecnologia ha i propri vantaggi e svantaggi, e tutte devono essere sfruttate senza andare in contrasto. Nessuna soluzione va privilegiata più di un’altra, ma serve integrazione.

Il ruolo delle istituzioni nel nostro Paese sarà quello di favorire investimenti nel settore, dando anche delle linee guida da seguire. Servono però infrastrutture portuali e una pianificazione che guardi ai materiali da adoperare, oltre che a tutte le attività della filiera.

Le imminenti elezioni europee in che modo potrebbero influenzare la crescita di tale fonte energetica?

A livello nazionale, secondo noi non c’è stata sufficiente attenzione per la transizione energetica, con informazioni date a volte poco trasparenti o non esaustive. Tutta l’UE però sta di certo andando in questa direzione, con obiettivi che andranno soddisfatti a prescindere dalle tempistiche.

Il Mare del Nord, dopo il recente patto siglato tra Regno Unito, Belgio e Irlanda, potrà davvero diventare una centrale energetica rinnovabile non solo per l’Europa ma per tutto il mondo?

Assolutamente le potenzialità ci sono, e questo accordo è importante perché, nella produzione da rinnovabili, tanto più è condivisa l’energia prodotta, maggiore è l’efficienza del sistema. In questo modo, si possono anche ottimizzare i costi.

Il Mare del Nord potrebbe davvero essere l’hub energetico per la parte settentrionale del Vecchio Continente. Noi potremmo avere qualcosa di simile nel Mediterraneo, magari anche condividendo con altri Stati limitrofi l’elettricità generata.

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