Dopo lo stop per manutenzione al Nord Stream 1, ora anche dalla Norvegia arrivano tagli alle forniture di gas verso l’Europa.
La crisi energetica si fa sempre più minacciosa in Europa e montano i timori di un lungo stop alle forniture. Dopo lo stop del gasdotto russo Nord Stream 1 verso la Germania, ufficialmente per interventi di manutenzione e il cambio di una turbina (in realtà una rappresaglia politica per le sanzioni a Mosca), è la volta di una riduzione delle forniture provenienti dalla Norvegia.
I due fattori messi assieme hanno scatenato un nuovo rialzo del prezzo del gas sul mercato di Amsterdam (TTF), valutato attorno al +5,8%, a 174 euro al megawattora (MWh).
Oslo ha annunciato la riduzione delle forniture sia verso il terminal britannico di Easington, sia verso quello belga di Zeebrugge, si legge su Bloomberg.com.
Il taglio dei flussi norvegesi verso il Sud Europa e la Gran Bretagna è ufficialmente dovuto ad un incidente nell’impianto di Sleipner, che dovrebbe essere risolto entro giovedì prossimo, secondo quando comunicato dall’operatore di rete Gassco.
Ulteriori problemi, a quanto pare, sono stati rilevati presso gli impianti di Kollsnes e Nyhamna sempre in Norvegia.
Se non riparte il Nord Stream 1 probabile recessione per l’UE
Ora Bruxelles guarda con attenzione a questa situazione di crisi, che potrebbe anche peggiorare fanno sapere ricercatori indipendenti. Si attende con ansia il prossimo 21 luglio, quando Gazprom dovrebbe aver terminato i lavori di manutenzione al Nord Stream 1, con la riapertura conseguente dei rubinetti.
Il problema è che non tutti sono così ottimisti su quest’esito. Secondo uno studio pubblicato da UBS Group, “sebbene il riavvio delle forniture di gas russo verso l’Europa sia sempre molto probabile, allo stato attuale delle cose, c’è però la possibilità remota che questo non accada, con conseguenze molto dure per l’economia dell’Unione, un aumento del prezzo del gas che potrebbe superare i 200 euro MWh e almeno tre trimestri negativi”. Tradotto: il pericolo di una recessione in autunno si fa sempre più concreto.
Bisognerebbe attendere il 2026 per un ridimensionamento del prezzo del gas, secondo la ricerca UBS, grazie alla stabilizzazione delle forniture di gas liquido (GNL).
Stoccaggio gas in Italia al 64%
Sull’argomento si è pronunciata anche Snam, secondo cui “permane una situazione di alta incertezza circa l’effettiva ripresa delle attività di questo gasdotto che rappresenta la principale direttrice di approvvigionamento di gas russo in Europa, con una capacità di trasporto di circa 160 mln di mc/giorno“, ha dichiarato Gaetano Mazzitelli, executive vice president commercial, Asset planning & regulatory affairs di Snam ascoltato dalla commissione Industria del Senato.
Mazzitelli, secondo una nota riportata da Radiocor, ha ricordato che alla data dell’11 luglio, il livello di riempimento degli stoccaggi in Italia ha superato il 64%, leggermente al di sopra della media europea. Una quota però molto bassa se confrontata con la media storica degli ultimi cinque anni, ha detto Mazzitelli.
Ecco perchè, come ha spiegato su Key4biz il prof. Luigi Paganetto dell’Università di Roma Tor Vergata, intervistato da Raffaele Barberio, è sempre più importante dare vita in Europa ad una politica di acquisti in comune per l’energia e, in prospettiva, la realizzazione del mercato comune dell’energia.