Dopo anni dedicati a promuovere nuove prospettive per lasciarsi alle spalle il business del petrolio, le cosiddette Big Oil stanno riprendendo il modello che ha garantito loro profitti record per un secolo. Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, le major petrolifere si concentrano nuovamente sui combustibili fossili, promuovendo il gas naturale come elemento chiave per alimentare la rivoluzione dell’intelligenza artificiale.
Le Big Oil fanno marcia indietro
Anche quei giganti petroliferi che avevano tentato di allontanarsi dai combustibili fossili stanno facendo marcia indietro, tornando ad investire su petrolio e gas. Un esempio è rappresentato da BP, ex British Petroleum, società del Regno Unito che, da quanto riporta Bloomberg, anziché procedere verso la trasformazione annunciata, diventando un’ “azienda energetica integrata”, ha aumentato del 20% gli investimenti nei combustibili fossili, riducendo quelli in energie rinnovabili, biocarburanti e batterie.
BP e il ritorno alle fonti fossili
Nel 2023, l’allora CEO di BP, Bernard Looney, dichiarava con sicurezza che l’azienda non era più una compagnia petrolifera. Tuttavia, due anni dopo, Looney ha lasciato la sua posizione e BP non è diventata il colosso dei carburanti a basse emissioni che si era prefissata. Anzi, l’azienda si trova in difficoltà, presa di mira dagli investitori di Wall Street dopo un crollo delle azioni. Il nuovo CEO, Murray Auchincloss, ha quindi annunciato una strategia di “reset” aumentando la spesa per petrolio e gas fino a 10 miliardi di dollari l’anno e riducendo drasticamente gli investimenti in energia pulita.
L’illusione della transizione energetica
Secondo Shu Ling Liauw, CEO di Accela Research Ltd., il concetto di “azienda energetica integrata” è ormai abbandonato.
Solo cinque anni fa, riporta Bloomberg, sotto la pressione degli investitori e delle politiche ESG, le grandi compagnie petrolifere sembravano a un punto di svolta. Mentre ExxonMobil e Chevron, però, hanno puntato su tecnologie come la cattura del carbonio e l’idrogeno, compatibili con i sistemi energetici fossili e supportate da incentivi governativi, BP e Shell hanno investito massicciamente in eolico, solare e infrastrutture per la mobilità elettrica, riducendo la produzione di petrolio e gas, la loro principale fonte di entrate.
Investimenti e profitti: il giudizio di Wall Street
I risultati di questi cambiamenti, benché in linea con i trend internazionali della lotta al climate change, sul mercato sono stati impietosi. Dal 2019, le azioni di Exxon sono aumentate del 58%, mentre BP ha perso il 7,3%. Similmente è accaduto alla Shell. A dare un contributo nefasto anche la guerra in Ucraina, che ha fatto schizzare i profitti da combustibili fossili nel 2022, mentre l’aumento dei tassi di interesse ha penalizzato le energie rinnovabili. Inoltre, con l’avvento di Trump alla Presidenza USA, la pressione degli investitori sulle emissioni si è affievolita in favore della massimizzazione dei rendimenti.
TotalEnergies, l’eccezione alla regola
L’unica grande compagnia riuscita nell’intento di bilanciare combustibili fossili e transizione sembra essere TotalEnergies. L’azienda francese finanzia investimenti mirati in solare, eolico e batterie mantenendo elevata la produzione di petrolio e gas. “Ho bisogno di liquidità per finanziare la diversificazione“, ha dichiarato il CEO Patrick Pouyanne.
A quanto pare la sfida della transizione energetica non è solo tecnologica, ma soprattutto economica. Se il mercato non è disposto a pagare il costo della sostenibilità, le Big Oil continueranno a investire dove i profitti sono garantiti.