Nonostante le nuove sanzioni, a tre anni dall’inizio della guerra in Ucraina l’UE resta dipendente dall’energia di Mosca. Gli acquisti europei hanno superato gli aiuti economici destinati a Kyiv nel 2024. Mentre Cina, India e Turchia rafforzano i rapporti commerciali con il Cremlino, una flotta di “shadow tankers” elude le restrizioni sulle esportazioni petrolifere. Gli esperti chiedono nuove misure per tagliare le entrate russe di almeno 50 miliardi l’anno.
Approvato il XVI pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia, ma da Mosca l’Europa importa combustibili fossili per 22 miliardi di euro
Sono passati tre anni dall’inizio della guerra in Ucraina, dall’avvio di quelle che Mosca ha sempre chiamato operazioni militari speciali e che i Paesi europei e i membri della NATO hanno semplicemente definito un’invasione.
I leader dei principali Paesi europei e dei Paesi aderenti al G7 si sono ritrovati in Piazza dell’Indipendenza a Kiev proprio per celebrare il terzo anno dell’aggressione russa all’Ucraina (per l’Italia in videocollegamento il ministro degli Esteri, Antonio Tajani). La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per l’occasione, ha anche annunciato che il Paese guidato da Volodymyr Zelensky potrebbe entrare nell’Unione europea prima del 2030 (posto che porti a termine le riforme avviate e altre annunciate nel tempo).
L’Alta rappresentante Ue, Kaja Kallas, ha anche scritto su X: “L’Ue mantiene la promessa. I ministri degli Esteri hanno appena approvato il 16° pacchetto di sanzioni contro la Russia. Colpisce tutto, dalle navi della flotta ombra ai controller di gioco usati per controllare i droni. Ora abbiamo le sanzioni più estese di sempre, che indeboliscono lo sforzo bellico della Russia”.
Nel terzo anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, secondo il nuovo Report del think tank europeo Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA), le importazioni dell’Unione Europea di combustibili fossili dalla Russia si sono mantenute sostanzialmente invariate, attestandosi a 21,9 miliardi di euro. Nonostante un calo del 6% su base annua in termini di valore, il volume delle importazioni ha subito solo una contrazione dell’1%, segno di una persistente dipendenza energetica dal Cremlino.
Dati alla mano, l’UE ha speso più per acquistare energia russa di quanto abbia destinato in aiuti finanziari all’Ucraina nel 2024, pari a 18,7 miliardi di euro. Questo evidenzia una contraddizione nelle politiche europee, che da un lato sostengono Kyiv e dall’altro finanziano, seppur indirettamente, la macchina bellica di Mosca.
Negli ultimi 3 anni la Russia ha incassato 847 miliardi di euro dalle esportazioni energetiche. Soprattutto verso Cina, India e Turchia
A livello globale, la Russia ha incassato 242 miliardi di euro dalle esportazioni di combustibili fossili nel terzo anno dell’invasione, registrando un calo del 3% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, il totale accumulato dall’inizio del conflitto ha raggiunto la cifra imponente di 847 miliardi di euro.
Tre paesi dominano il mercato delle importazioni di energia russa: Cina (78 miliardi di euro), India (49 miliardi di euro) e Turchia (34 miliardi di euro), che insieme rappresentano il 74% delle entrate di Mosca nel settore fossile. India e Turchia hanno addirittura aumentato i loro acquisti su base annua, rispettivamente dell’8% e del 6%.
Il fenomeno della flotta ombra
Come sottolineato dalla Kallas, un elemento chiave nella strategia russa per aggirare le sanzioni è l’uso dei cosiddetti “shadow tankers”: ben 558 petroliere hanno trasportato 167 milioni di tonnellate di petrolio, pari al 61% delle esportazioni marittime russe. Il valore di questi trasporti ha raggiunto 83 miliardi di euro, di cui 57 miliardi derivanti dal greggio e 26 miliardi dai prodotti raffinati.
L’effetto delle sanzioni sulla qualità Urals del petrolio russo si è ridotto del 70% rispetto all’anno precedente, con una perdita di appena 2,6 miliardi di euro, un impatto limitato grazie proprio all’uso di queste flotte ombra che consentono alla Russia di bypassare il tetto massimo imposto ai prezzi del greggio.
L’Europa ancora in ritardo sulle sanzioni
Nonostante le sanzioni, i Paesi UE hanno speso 7 miliardi di euro per il gas naturale liquefatto (GNL) russo nel terzo anno del conflitto, con un aumento dei volumi del 9%. Parallelamente, i paesi del G7+ hanno importato 18 miliardi di euro di prodotti petroliferi raffinati in India e Turchia, di cui 9 miliardi provenienti da greggio russo. Questo commercio ha garantito a Mosca 4 miliardi di euro in entrate fiscali.
Appelli per nuove sanzioni più efficaci
Secondo l’eurodeputata Rasa Juknevičienė (EPP), “le sanzioni non sono solo uno strumento di politica, ma una necessità strategica. Ora è il momento di mantenere la calma e resistere alle pressioni per allentarle. Un loro ritiro prematuro rafforzerebbe solo i regimi autoritari e minerebbe i principi che vogliamo difendere. La persistenza è fondamentale per un impatto reale“.
L’analisi del CREA stima che un pacchetto di misure più stringenti potrebbe ridurre le entrate energetiche della Russia di almeno 51 miliardi di euro l’anno, pari a un taglio del 20%. Un obiettivo necessario, secondo Thomas Pellerin-Carlin (S&D): “Dall’inizio della guerra, l’Europa ha compiuto progressi significativi per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, con le importazioni di gas scese dal 45% del 2021 al 18% nel 2024. Tuttavia, un quarto delle entrate russe da combustibili fossili proviene ancora dall’Europa. È il momento di azzerare questa dipendenza e di investire massicciamente in efficienza energetica e fonti rinnovabili, sia a livello nazionale che internazionale“.