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Trump, “emergenza energetica” per rilanciare il fossile

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La decisione di ritirare nuovamente gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, ma anche la volontà di rilanciare l’America attraverso lo sfruttamento intensivo delle risorse fossili. Trump, durante il discorso inaugurale del suo secondo mandato alla Presidenza, si è appellato all’emergenza energetica per lanciare ordini esecutivi che conferiscono all’energia fossile priorità assoluta rispetto alla crisi climatica.

Trump dichiara l’emergenza energetica nazionale

Torneremo ad essere una nazione ricca e sarà l’oro liquido sotto i nostri piedi a renderlo possibile” così il Tycoon ha ufficialmente annunciato l’emergenza energetica degli States durante il discorso inaugurale del suo secondo mandato alla Presidenza. Ma favorire la produzione di petrolio e gas rappresenta solo una piccola parte della rivoluzione che il neo Presidente vuole intraprendere in campo energetico. Tra le misure immediate, incluse nel pacchetto degli ordini esecutivi (già firmati) che Trump sta per adottare vi sono, infatti, anche lo stop ai sussidi per i veicoli elettrici, la revisione delle normative sulle emissioni dei veicoli, la fine dei finanziamenti per energie rinnovabili e grandi parchi eolici e, forse la decisione più grave in assoluto, il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi. Inoltre, secondo voci interne alla Casa Bianca, un ulteriore ordine esecutivo di Trump punterà a modificare anche gli standard di efficienza che limitano le scelte dei consumatori per gli elettrodomestici, tra cui lavastoviglie, fornelli a gas e soffioni della doccia. 

Esportazione di Gnl e trivellazioni offshore 

“We will drill, baby, drill“, esclama Trump rivolgendosi al pubblico acclamante riunito nella sala Rotonda del Campidoglio a Washington. Si potrebbe dire niente di nuovo all’orizzonte. Il 47° Presidente degli Stati Uniti, come immaginabile, prosegue sulla linea adottata durante la sua prima amministrazione. Riprendere a perforare la terra “per rendere nuovamente l’America un grande Paese” e revocare il divieto imposto lo scorso anno da Biden sulle esportazioni transoceaniche di Gnl, smantellando così fino all’ultimo tassello le politiche green del suo predecessore, distintosi per la lotta al cambiamento climatico. Sono queste le priorità energetiche della nuova governance politica statunitense, decisa a sfruttare le riserve di petrolio e gas del Paese – le più grandi al mondo secondo le parole di Trump – per ripristinare la prosperità economica americana. 

Sicurezza energetica e sviluppo delle infrastrutture

Le leggi federali a cui il Tycoon si è appellato, con l’obiettivo di abbassare i costi energetici per i cittadini (ma a che prezzo per l’ambiente?) e rafforzare la sicurezza nazionale riaffermando il dominio energetico degli States, sono un vero e proprio strumento di guerra che conferisce poteri straordinari ai vertici dello Stato. Si pensi al Defense Production Act, la normativa promulgata nel 1950 e impiegata durante la Guerra Fredda per incrementare la produzione di beni considerati “necessari”, nel caso specifico l’acciaio. Grazie a questi Atti, il Governo può obbligare le aziende private a dare priorità a ordini considerati vitali per la sicurezza nazionale rispetto ad altri impegni commerciali.

Il paradosso è che Biden, in passato, ha invocato la stessa legge per incoraggiare la produzione statunitense di tecnologie di energia rinnovabile, tra cui pannelli solari, celle a combustibile e pompe di calore, secondo l’ex Presidente, essenziali per l’abbandono dei combustibili fossili e il rispetto degli accordi internazionali sul clima. Durante il suo primo mandato, Trump aveva valutato l’utilizzo del medesimo quadro giuridico per mantenere in funzione le centrali a carbone in difficoltà.

L’uscita dall’Accordo di Parigi

Negare il riscaldamento globale, confermando la fama degli USA di secondo maggior produttore mondiale di inquinanti, non sembra essere un problema per Trump, più motivato che mai, a ritirare gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi. Svincolarsi dal patto del 2015, in cui gli USA e quasi altre 200 nazioni si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas serra, si potrebbe tradurre nell’alleggerimento di una serie di regolamentazioni interne che, ad oggi, limitano le emissioni inquinanti delle centrali elettriche e delle automobili negli Stati Uniti, normative finalizzate all’impegno di dimezzare le emissioni di gas serra entro la fine del decennio. 

Altre azioni previste includono, poi, l’ordine di annullare la decisione di Biden, peraltro innesco di una disputa legale da parte dell’American Petroleum Institute, dell’Alaska e degli stati costieri del Golfo del Messico, di escludere circa 625 milioni di acri dalla possibilità di essere destinati a concessioni per petrolio e gas. In questo caso l’ultima parola sarà dei tribunali federali.

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