Nel complesso equilibrio tra mercato, investimenti privati e garanzie finanziarie del pubblico, le autorità della Svezia hanno rimarcato addirittura come l’eolico offshore non sia commercialmente redditizio. Una valutazione che ha dato adito a speculazioni, legittimando gli scetticismi che alcuni esponenti politici e una parte dell’opinione pubblica hanno da sempre nutrito verso la transizione ‘verde’.
Tra mercato e garanzie
Nello sviluppo delle rinnovabili, la complessità degli investimenti privati è assurta a variabile nevralgica, come ha dimostrato il recente caso della Svezia a proposito dell’eolico offshore. Senza le adeguate garanzie delle finanze pubbliche – siano queste anche di livello comunitario – è evidente che in molti casi il capitale privato non trovi alcune delle nuove fonti remunerative.
Secondo la Reuters, una commissione governativa svedese – incaricata di rivedere e accelerare il sistema di autorizzazione di nuovi parchi eolici – è arrivata ad una conclusione quantomeno sorprendente. Nel redigere il parere finale, in effetti, avrebbe rimarcato come tale comparto non sia “commercialmente conveniente“.
Questo, nonostante il Paese scandinavo sia un riferimento mondiale nella decarbonizzazione. In ossequio ai suoi obiettivi nazionali, ha definito la riduzione delle emissioni di gas serra del 59% – entro il 2030 – rispetto al 2005. Nonché un’economia a zero emissioni di carbonio entro il 2045. Da sola, l’energia eolica costituisce circa il 21% del mix energetico svedese (la maggior parte, però, è su terra ferma).
Interessi e prospettive future
Dal punto di vista politico e culturale, la Svezia si è legittimata come uno degli spazi più allineati con i dettami della transizione ‘verde’. Eppure, partendo da un’analisi di carattere geografico-morfologico, almeno per il comparto dell’eolico offshore, la situazione potrebbe essere ben più complessa. Non ultima, per una questione di sicurezza nazionale legata al Mar Baltico.
Dall’analisi specifica, è emerso che in nessuna area intorno alle coste svedesi le entrate previste (da nuove infrastrutture) siano superiori alle stime dei costi. Inoltre, si è rimarcato come la quasi totalità dei parchi eolici offshore costruiti nel Nord Europa, nell’ultimo decennio, abbia avuto bisogno di sostegni statali.
L’attuale Governo – guidato dal Partito Moderato – ha eliminato i sussidi per il collegamento dei progetti offshore alla rete elettrica nazionale. Per raddoppiare la produzione di energia elettrica nei prossimi due decenni, portandola a circa 300 Terawattora (Twh), si punterà soprattutto sul nucleare. E visto che si vorrebbero costruire dieci nuove centrali, il sostegno dello Stato andrà sui prestiti a basso costo.
All’inizio di Novembre, poi, l’esecutivo ha respinto tredici delle quattordici richieste di finanziamento per l’eolico offshore, citando le obiezioni dei militari sul Mar Baltico. All’orizzonte, dunque, dovrebbe cambiare l’intero sistema di pianificazione in materia. Per renderlo più efficiente, si andrebbero a designare delle aree specifiche dove costruire, ottimizzando le risorse.