Roma, 05/02/2025 Notizie e approfondimenti sui temi dell’Energia in Italia, in Europa e nel mondo.

Batterie, Stellantis e Catl investiranno 4 miliardi di euro in nuova gigafactory in Spagna

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L’impianto, operativo entro il 2026, avrà una capacità produttiva di 50 GWh e sarà carbon neutral, supportando la transizione energetica europea. In parallelo, l’Italia attende sviluppi sulla gigafactory di Termoli e si interroga su politiche industriali europee e Green Deal.

Stellantis investe in Spagna per elettrificare l’Europa

A Saragozza, in Spagna, sorgerà un nuovo impianto per la produzione di batterie al litio ferro fosfato su larga scala, un’iniziativa da considerarsi strategica per accelerare l’elettrificazione in Europa.

Nella nuova gigafactory spagnola, che dovrebbe essere completamente neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio, investiranno non meno di 4 miliardi di euro il Gruppo Stellantis e i cinesi di Catl.

L’inizio della produzione è previsto entro la fine del 2026 e potrebbe raggiungere una capacità di 50 GWh.

Il progetto – spiega il Gruppo italo-francese in una notadimostra il forte impegno di Stellantis per l’elettrificazione in Europa e integra quello della gigafactory di Acc, che Stellantis ha co-fondato e sostiene fin dal suo inizio nel 2020“.

Catl sta già portando in Europa una tecnologia di produzione di batterie all’avanguardia attraverso i suoi due stabilimenti in Germania e Ungheria, entrambi già operativi.

Stellantis utilizzando un approccio a doppia chimica – nichel manganese cobalto (NMC) e litio ferro fosfato (LFP) – introdurrà soluzioni innovative per le celle e i pacchi batteria.

L’impianto spagnolo migliorerà le capacità del gruppo cinese di raggiungere gli obiettivi climatici dei partner, ribadendo ulteriormente il proprio impegno nel promuovere la mobilità elettrica e la transizione energetica in Europa.

E in Italia?

Le batterie prodotte a Saragozza saranno per auto di piccola dimensione, quelle previste a Termoli sono invece per vetture grandi.

Acc, la joint venture tra Stellantis, Mercedes-Benz e TotalEnergies, che dovrebbe realizzare la Gigafactory di Termoli, prevede di confermare i piani “nel corso del primo semestre 2025“.

L’azienda ha spiegato che “sta valutando una potenziale diversificazione del portafoglio chimico per consolidare la propria leadership nella chimica per l’energia media/alta”.

In vista del Tavolo Stellantis del 17 dicembre, che il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, sta conducendo con i presidenti delle Regioni dove hanno sede gli impianti del Gruppo, si è tenuto oggi un colloquio telefonico tra il ministro e il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi.

Al centro della chiamata le prospettive di rilancio dello stabilimento e lo stato di salute dell’indotto lucano.

Ho visto stamattina le cifre. A Urso il 17 dicembre confermerò che l’Italia sarà il secondo mercato europeo nel 2029, non chiuderemo nessuno stabilimento e ognuno avrà un piano prodotti. Stellantis non abbandonerà l’Italia, lo faremo vedere a tutti la prossima settimana“, ha spiegato Jean Philippe Imparato, responsabile per l’Europa del Gruppo.

La colpa è sempre di qualcun altro, in questo caso del Green Deal europeo

Proprio in vita del Tavolo, lo stesso Urso, parlando a Radio1 della situazione di Stellantis, ha detto: “Siamo determinati ad affrontare e risolvere questa vertenza dimostrando che l’Italia possa nuovamente affermare una leadership industriale, chiaramente cambiando le regole europee“, perché altrimenti “è impossibile“.

La soluzione sta in Europa, cambiando le regole del Green Deal – ha spiegato – noi faremo compiti a casa, ma è necessario che l’Europa ci ascolti. Basta paraocchi ideologici“. La Spagna sperò è in Europa come noi.

Strano che solo per l’Italia le politiche green europee siano un problema, un intralcio, una barriera. Forse che la Spagna non deve sottostare alle stesse regole?

Il ministro ha poi definito “necessaria” l’audizione di John Elkann, per segnare “discontinuità con il precedente amministratore delegato“, cioè Carlo Tavares.

Peccato, il Green Deal poteva funzionare

Non sappiamo cosa accadrà al Green Deal europeo. Probabilmente verrà modificato, o forse rivoltato come un calzino, comunque depotenziato profondamente, vista la postura rigida presa negli ultimi tempi da Italia, Francia e Germania.

Eppure, secondo uno studio condotto da Associazione Economia e Sostenibilità e Italian Climate Network, se mantenessimo gli impegni nella transizione green immaginata da Bruxelles, questi si tradurrebbero in una crescita dell’occupazione stabile nell’ordine del 2,5%-3% (un incremento netto di unità di lavoro compreso tra 530.000 e 700.000) e in un maggior aumento annuo del PIL dell’ordine dello 0,5%-0,6%.

Numeri che migliorerebbero ulteriormente nel caso in cui l’Italia mirasse i suoi investimenti verso gli ambiti green a maggior contenuto tecnologico.

Attraverso l’indagine statistico-econometrica, si è calcolato infatti che 7 miliardi annui di investimenti aggiuntivi in tecnologia green avanzata, rispetto agli stessi 7 miliardi investiti in tecnologia a basso contenuto innovativo, porterebbero a una crescita continua di ore lavorate e PIL, fino ad avere nel 2030 circa 700 milioni annui di ore lavorate (pari allo 0,3%) e circa 70 miliardi annui di PIL (il 4,1%) in più.

Dati che sottolineano la necessità di aumentare la spesa in ricerca e sviluppo e gli sforzi di industrializzazione dei brevetti, per far sì che il nostro paese non resti nelle retrovie dell’innovazione, limitandosi ad acquistare la tecnologia green prodotta da altri.

Giornalista

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