A Baku, nel corso della COP29, le Banche Multilaterali per lo sviluppo (MDBs) hanno presentato The circular economy in motion, un report sul loro ruolo in sostegno dell’economia circolare.
Banche per lo sviluppo ed economia circolare
Nel corso della COP29 di Baku, le Banche Multilaterali per lo sviluppo (MDBs) hanno illustrato il loro impegno in favore dell’economia circolare e alla transizione ‘verde’. A compendio delle prospettive della loro attività c’è stata la presentazione dello studio The circular economy in motion.
Su tali presupposti, nel report hanno trovato spazio venti casi di studio in materia. Progetti analizzati dalle MDBs lungo differenti direttrici come la plastica, le materie prime critiche, il tessile, gli alimenti e i rifiuti elettronici. Sia in termini di supporto finanziario, che di promozione e condivisione delle ‘buone pratiche’, queste istituzioni hanno assunto il ruolo di vettori della transizione.
La sinergia del gruppo è costituita dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), quella europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD), l’asiatica per lo sviluppo (ADB) e l’istituto inter-americano. Con loro, IDB Invest, il Gruppo della Banca Mondiale (WB) e la Banca Africana per lo Sviluppo (AfDB).
Ovviamente, poi, ciascuna modalità operativa si trova a confrontarsi, nella propria applicabilità, con gli strumenti del contesto regionale di riferimento.
Pluralità di soggetti
Dal confronto tra le diverse banche, in particolare, sono emerse sei indicazioni chiave, come parte di una più ampia visione condivisa. In primo luogo, si è sottolineato che gli investimenti nell’economia circolare “stanno guadagnando terreno a livello globale“, dunque anche nei Paesi a medio o basso reddito.
Gli interventi dovrebbero porsi nell’ottica di un sostegno continuo e attivo verso le popolazioni più vulnerabili e il settore informale. Tant’è che – si legge – le banche di sviluppo, in particolare nei contesti più fragili, non hanno offerto soltanto un sostegno finanziario, ma anche consulenze tecnico-pratiche. Da qui, fermo restando le dovute garanzie normative, si è approfondito l’importanza del settore privato.
L’Europa ha già assistito – per esempio nell’ambito dell’idrogeno – al fatto che gli investori privati operano solo a fronte di una certezza. Ossia, del ritorno dei rispettivi investimenti. Senza questa, in effetti e senza un ruolo attivo delle finanze pubbliche, il rischio è che tante opportunità di crescita possano venir meno. L’impegno del settore privato è stato comunque sottolineto nell’analisi.
Dalla centralità delle città, nel “guidare l’azione“, lo studio si è soffermato poi sul settore finanziario. Questo, ricollegandosi alla prima indicazione sulla globalità degli investimenti. Gli istituti finanziari hanno infatti il compito di ‘semplificare’ l’accesso al credito. Anche qui, comunque, si è ribadita la necessità di indicazioni chiare.