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Rinnovabili, La Camera (IRENA): “In ritardo con le tempistiche. Serve più velocità”

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Francesco La Camera, Direttore Generale dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA), ha offerto un monito, rispetto alle tempistiche delle modalità operative legate alla transizione energetica.

Implementare gli sforzi

A livello globale, la portata delle sfide sulle rinnovabili – in linea con gli obiettivi del 2050 – richiederà un impegno collettivo notevole, soprattutto viste le tempistiche.

Nonostante la portata degli investimenti, in effetti, il rischio è sempre quello di restare indietro, rispetto al quadro fissato a Parigi nel 2015. Inoltre, il fatto di valutare la transizione come un costo e non come un moltiplicatore ha non di rado rallentato processi, creando delle asimmetrie.

Di questo tenore è stato Francesco La Camera, Direttore Generale dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA) che è intervenuto in occasione di ComoLake 2024. Dopo i ringraziamenti di rito, La Camera ha strutturato il suo intervento, muovendo dal documento presentato a Baku, la scorsa settimana, come prodromo della Cop29.

Prospettiva 2030

La Camera ha così presentato la sua analisi: “Il documento finale della Cop28 di Dubai ha offerto un quadro di riferimento chiaro. Entro il 2030, bisognerà gradualmente passare dai fossili alle rinnovabili, il triplicare dell’energia ‘verde’ e raddoppiare l’efficienza“.

E di nuovo: “Tradotto in numeri, significherà avere 11,2 Terawatt (TW) installati di capacità rinnovabili e diminuire, sempre entro il 2030, le emissioni del 43%. Il tracciamento del percorso e il monitoraggio saranno compiti di IRENA. Oggi IRENA ha 170 Paesi Membri e altri 20 che hanno intenzione di entrare“.

Il confronto con il nucleare

Sempre a proposito di tempistiche sulle rinnovabili, non è mancato un paragone con il nucleare. Netta e definita, in questo senso, la posizione dell’IRENA.

Lo si è evidenziato nella prospettiva del Direttore Generale. Secondo cui: “Nel 2023 c’è stata l’installazione di 473 Gigawatt (GW) di energie rinnovabili. Un numero largamente superiore a tutto il nucleare in gestione e operativo alla fine del 2023. Anche triplicare il nucleare, al 2050, signficherebbe un ordine di grandezza che soddisferebbe il 2% del consumo finale in termini di energia“.

Sempre con i numeri, il Direttore ha rimarcato: “Nel 2023, l’87% della capacità installata nel Mondo è stata rinnovabile. Dunque, si evidenza come stiamo andando verso un nuovo sistema energetico, che sarà dominato dalle rinnovabili. Consideriamo anche l’implementazione dell’idrogeno ‘verde’ e l’uso sostenibile delle biomasse. Questo processo non cambierà, in quanto è il mercato che ci sta portando lì“.

Quanti margini

Sull’attualità, lo studio ha rimarcato punti positivi e quelli negativi. Presentandoli così: Il problema sono la velocità e la scala di questa trasformazione. Questi non portano ad allinearci con l’Accordo di Parigi del 2015. Oggi abbiamo solo 4 TW di capacità rinnovabile. Servirà dunque mettere a sistema, per ogni anno fino al 2030, quello che abbiamo montato nel solo 2023“.

Nel dettaglio: “Mentre per il solare non siamo messi male, la verità è che nelle altre fonti verdi siamo in ritardo. Abbiamo lanciato il monito che la Cop29 e la Cop 30 saranno le ultime dove partire dall’obiettivo dell’1,5 C° entro fine secolo. Dopodoché, se non aumentiamo il ritmo del cambiamento, non si potrà più fare quel riferimento. Siamo lontani anche in materia di efficienza e dovremmo impegnarci davvero tanto“.

Il problema, per altro, sarebbe persino di carattere culturale. Tant’è che La Camera ha dichiarato: “Dobbiamo imparare a pensare che la transizione non sia un costo ma un’opportunità. Quegli investimenti saranno sinonimo di profitti, nuove quote di mercato per le imprese. Come Paese dobbiamo seguire la tendenza in atto, legittimando la trasformazione“.

L’ordine delle complessità

Il conclusione, La Camera ha elencato quali sono le difficoltà, allo stato attuale. “La complessità che fronteggiamo è anche di carattere strutturale e le barriere, ostacoli, sono di tre tipolgie“, ha sottolineato.

Successivamente, le ha analizzate, punto per punto. Cosi: “In primo luogo le infrastrutture. Se mancano reti che tra loro siano integrate, interconnesse e interbilanciate non si può immettere più energia verde nel sistema. Poi, il mercato. Questo, infatti è ancora disegnato sui combustibili fossili e sui prezzi che da questi dipendono. L’ottica migliore sarà andare verso contratti di lungo termine“.

In terzo luogo, l’accento è andato sul cambiamento richiesto al sistema. Un cambiamento che dovrà assecondare le tempistiche e le caratteristiche delle rinnovabili. “Il sistema e le fonti rinnovabili devono essere decentralizzate. Il che assicurerà una maggiore resilienza. Solo così si avrà maggiore sicurezza energetica“, ha detto il diplomatico.

E di pari passo: “Ci sarà pure maggior rispetto dell’ambiente. Senza tralasciare gli aspetti sociali. In effetti, ogni unità di investimento nelle rinnovabili, produce tre volte di più il numero di lavori rispetto alle fonti tradizionali. Il sistema decentralizzato pone comunque problemi di maggiore complessità rispetto a uno centralizzato. Per questo, occorre aggiornare anche la capacità di istituzioni, professionalità e forza lavoro“.

Per chiudere: “Noi come IRENA siamo molto impegnati in Africa. Auspichiamo che l’Italia, in quel contesto, si affianchi alla Germania, Danimarca, Stati Uniti e Emirati Arabi Uniti, anche per dare forza al Piano Mattei“.

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