Alcuni Paesi dell’Africa, produttori di petrolio, potrebbero investire fino a 5 mld di Dollari per lanciare una banca dell’energia per il settore del fossile, viste le difficoltà di ottenere finanziamenti internazionali.
Rispondere alle difficoltà dei finanziamenti
La difficoltà di ottenere finanziamenti internazionali per il fossile stanno rimodulando la politica dell’energia di diversi produttori di petrolio dell’Africa.
L’Organizzazione dei produttori petroliferi africani (APPO), composta da 18 membri, starebbe promuovendo la costituzione di una ‘banca dell’energia’, con capitale di partenza 5 mld di Dollari. Le esigenze continentali e la crescita economica porteranno – in quel quadrante – la domanda di gas e petrolio a crescere.
Conseguentemente, la valorizzazione di progetti e di infrastrutture che aumentino le produzioni necessiteranno della cooperazione tecnica e di un continuo supporto. Tanto economico, quanto politico.
Non soltanto un fattore ambientale
Del resto, la Banca Mondiale ha smesso di finanziare progetti operativi per il petrolio e il gas nel 2019. La stessa Banca Africana di Sviluppo (Afdb) – che ha negli Stati Uniti l’azionista numero due – non investe nei combustibili fossili.
L’anno scorso, poi, la Standard Chartered Bank si è estromessa da un piano da un mld di Dollari per finanziare un oleodotto. L’infrastruttura doveva trasportare il greggio dall’Uganda, un Paese senza sbocco sul mare, alla costa della Tanzania. Dopo le opposizioni degli attivisti ambientali, però, per non veder compromessa la sua immagine, la banca ha compiuto il passo indietro.
Non sono mancate altre critiche. In particolare, da chi ha sostenuto che tali blocchi dei finanziamenti servano solo ad aggravare la povertà energetica dell’Africa. Un continente in cui, nonostante le prospettive di sviluppo, ancora 600 mln di persone non hanno accesso all’elettricità. E dove quasi un miliardo cucina ancora con fonti energetiche non pulite, come carbone e legna da ardere.
Visti i precedenti, come ha scritto il Financial Times, è dunque sorta l’idea di promuovere una piattaforma finanziaria con delle sue regole, senza legami con le grandi istituzioni internazionali. L’obiettivo primario, renderla operativa già nel 2025.
Quali scenari
Un altro argomento sostenuto dai fautori di un istituto di credito africano per l’energia è stato lo storico delle emissioni di anidride carbonica (CO₂). Sia perché l’industrializzazione, generalmente, è stata relativamente recente, ma anche per il ruolo delle foreste tropicali dell’Africa occidentale, nevralgiche per la cattura dell’anidride.
Da parte sua, l’African Energy Chamber (un gruppo fondato nel 2018 per la tutela dell’energia africana, con sede in Sud Africa) ha ribadito “il diritto sovrano” dell’Africa di sviluppare le sue risorse naturali, in modo “equilibrato e sostenibile”. Secondo le sue stime, queste ammonterebbero a 125 mld di barili di petrolio e 620 tonnellate di piedi cubi di gas naturale.
La geo-economia africana potrebbe allora entrare davvero in un nuovo capitolo, nella misura in cui la regione fosse più protagonista sui mercati internazionali dell’energia. La garanzia di nuove catene del valore – stabili e sicure – costituirebbe in tal senso la vera chiave di svolta, per i prossimi lustri.