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Geotermico dai pozzi esistenti? Le potenzialità del Mare del Nord

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Il Mare del Nord potrebbe diventare un quadrante di riferimento nel settore del geotermico, grazie alle conversione delle infrastrutture estrattive di gas e petrolio già esistenti.

Economia circolare estrattiva

Oltre ad essere ricco di idrocarburi, il Mare del Nord – sotto la propria superficie – cela un’altra grande risorsa, pressoché inesauribile. Il calore della Terra, fondamentale per la geotermia. Da questo punto di vista, si è cominciato a ragionare sul supporto che le infrastrutture estrattive esistenti possano fornire. La loro conversione, in effetti, sarebbe un ottimo esempio di economia circolare.

Oltre al contenimento dei costi, si limiterebbe l’impatto ambientale, visto che non servirebbero nuove perforazioni. Inoltre, gli impianti sarebbero rivalorizzati, aumentando il periodo del funzionamento.

In quest’ottica – al netto delle singole valutazioni – si tratterebbe di mettere a sistema i vari approcci già sperimentati. Per esempio, i [c.d.] impianti a circuito aperto (Open loop), con il pompaggio dell’acqua calda dal sottosuolo, producono energia sfruttando la capacità di scambio termico.

Linearità di settori

Come ha sottolineato Tech Xplore, che ha riportato gli studi sul tema dell’Università Heriot-Watt di Edimburgo, quest’opera di conversione può contare sulla molteplicità di soluzioni.

Nel caso in cui il flusso di fluidi naturali fosse insufficiente, si può ricorrere ai sistemi geotermici avanzati (EGS), derivati dall’industria del petrolio. La tecnica si serve dell’idrofratturazione, andando a creare percorsi di accesso ai fluidi geotermici più lontani dal pozzo.

Potenzialmente, le temperature di esercizio sarebbero più elevate, tanto quanto le profondità dalle quali attingere ancora maggiori. Gli EGS possono anche fornire un ausilio rispetto alla tecnologia a circuito aperto.

Sfide e potenzialità

Le potenzialità e le sfide in questa materia sono cresciute di pari passo, a partire dal contesto normativo. Le regole attualmente in vigore consentono infatti solo un breve lasso di tempo tra la cessazione della produzione di idrocarburi e l’abbandono dei pozzi. È evidente, invece, che per per ‘ristrutturare’ una piattaforma le tempistiche possano non essere brevi.

In secondo luogo – oltre alla fattibilità economica – ci sono le sfide tecnologiche, teoriche, prima ancora che operative. I sistemi geotermici richiedono una comprensione dettagliata dello scambio termico, delle eterogeneità su piccola scala e dell’impatto di fratture e faglie. Per affrontare un cambiamento simile, c’è bisogno di nuove competenze e di un approccio geo-morfologico rivisto.

Fattori umani, fattori geo-economici, andamento dei mercati globali dell’energia e prospettive di sviluppo delle rinnovabili. L’economia circolare del geotermico, in Scozia e nel Mare del Nord, dipenderà da un complesso insieme di variabili. I prossimi due lustri saranno fondamentali in tal senso.

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