L’aumento delle esportazioni di petrolio dagli USA, oltre ad influenzare gli indici dei prezzi sui mercati globali, sta trasformando l’architettura logistica interna, promuovendo Houston e le sue produzioni.
La logistica del petrolio
Negli USA, l’aumento delle esportazioni di petrolio (e dei suoi lavorati) – oltre ad influenzare gli indici dei prezzi sui mercati globali – sta ridefinendo il ‘peso’ di Houston e della Costa del Golfo. Un processo in continua crescita, almeno dal 2015. In quell’anno, infatti, è venuto meno ogni vincolo alla vendita verso l’estero del prodotto, grazie al raggiungimento dell’indipendenza energetica.
Durante il 2024, le esportazioni di greggio dagli USA hanno registrato una media di circa 4,2 mln di barili al giorno (bpd), in linea con le proiezioni degli ultimi lustri. Tra il 2000 e il 2023, le esportazioni greggio lavorato sono aumentate del 412% (dati IEA). L’export netto, nel ‘solo’ 2023, è stato del 19,9%.
Nonostante la domanda aggregata globale non stia crescendo, gli effetti sul benchmark sono stati dunque tangibili, variando i prezzi del petrolio a seconda dell’estrazione. I principali indici di misurazione si regolano poi in base al Brent e al West Texas Intermediate (WTI).
Cambiamenti in corso
Nell’ambito della ‘geografia del fossile‘, da almeno un anno si sta assistendo ad una ripolarizzazione dei centri di riferimento. Secondo la Reuters, in effetti, il passaggio delle transizioni del greggio WTI Midland statunitense, nelle valutazioni del prezzo del ‘Dated Brent‘, sta modificando la posizione di Cushing, in Oklahoma. Si tratterebbe di una svolta a suo modo storica.
Questa cittadina di 8000 abitanti, dal 1983 è hub nello stoccaggio e nella determinazione dei prezzi del West Texas Intermediate sul New York Mercantile Exchange (NYMEX). Tant’è che ha ricevuto il soprannome di ‘Pipeline Crossroads of the World‘. Materialmente, intorno alle contrattazioni, nella sua area si è radicato un sistema (e un indotto), legato al trasporto e al deposito del greggio.
I recenti lustri, tuttavia hanno portato in dote il polo di Houston. Con il successo dei progetti di fracking, sia l’Intercontinental Exchange che il CME Group (proprietario del NYMEX), hanno modificato la misura dei loro contratti. Oggetto dei nuovi accordi, lo scambio e la consegna di greggio da Midland (Texas), ai terminali proprio intorno a Houston.
Le opportunità per Houston e il Texas
Conseguentemente – citando ancora la Reuters – i volumi medi giornalieri del contratto ‘WTI Houston’ del CME, a Settembre, sono più che raddoppiati. Si è così raggiunto un livello record su base annua.
Il ‘concorrente’ ICE Midland WTI (HOU) ha contestualmente registrato un massimo storico di oltre 18 mln di barili consegnati. Ad agosto dello scorso anno, erano stati meno di 10 mln.
Secondo gli esperti del mercato petrolifero, l’aumento della liquidità di questi accordi a termine standardizzati (futures) si rifletterà sulla logistica di settore. Le opportunità che ne deriverebbero, porterebbero all’aumento delle operazioni di copertura e di arbitraggio proprio in Texas.
Le incertezze del futuro per l’Oklahoma
A far da contraltare a tale proiezione, arriverebbe la diminuzione delle consegne a Cushing, ‘scavalcata’ dai nuovi flussi commerciali. Materialmente, il riassetto del mercato significherebbe minori attività, dunque meno lavoro.
Sul tema, si è espresso anche Jeff Barbuto, responsabile globale dei mercati petroliferi dell’Intercontinental Exchange (ICE). A tal proposito, Barbuto ha dichiarato: “Il mercato fisico della produzione statunitense si è già spostato sulla Costa del Golfo. I futures stanno seguendo l’esempio”.
Oltre ad alcuni storici bacini di rifornimento, non più così ricchi, si è affiancato un ulterioriore indice di marginalizzazione. L’espansione dell’oleodotto canadese Trans Mountain ha infatti sottratto parte del greggio che avrebbe dovuto affluire a Cushing. Il rischio estremo, in questi casi, è che si pongano le basi per una futura desertificazione industriale, nociva per tutto quel territorio.