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Il futuro della raffineria PCK in Germania: tra le manovre della Shell e il ruolo della Russia

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La grande raffineria PCK di Schwedt/Oder, una delle più importanti della Germania, è divenuta protagonista di un caso internazionale, complice il pacchetto azionario e le manovre della Shell, anche alla luce del conflitto russo-ucraino.

Le relazioni energetiche tra Germania e Russia

La seconda fase del conflitto russo-ucraino ha avuto delle profonde ripercussioni sull’economia della Germania, stravolgendond diverse realtà consolidate. Del resto, sulle relazioni ‘energetiche’ con Mosca, Berlino aveva costruito una parte importante del suo status di ‘locomotiva’ d’Europa.

Tuttavia, dal Febbraio 2022, si è deciso progressivamente di smantellare qui legami, rimodulando le forniture ma anche dando vita a dei veri e propri ‘casi’ giuridico-diplomatici. Situazioni complesse, con protagonisti non soltanto gli Stati, ma anche le aziende.

Non ultimo, quello che ha interessato la raffineria PCK di Schwedt/Oder, i cui rifornimenti provengono dall’oleodotto Druzhba. Il complesso industriale, nel Brandeburgo (al confine con la Polonia), è nel tempo cresciuto fino a divenire uno dei più importanti all’interno del Paese.

La questione azionaria

Dal punto di vista azionario, invece, la proprietà era condivisa tra diversi soggetti. La maggioranza delle quote – ossia il 54,17% – apparteneva alla russa Rosneft. La guerra, comunque, ha spinto la Germania a rivolgersi alle forniture del Kazakistan e a rinsaldare i legami con la Polonia. Varsavia, infatti, ha posto le sue rassicurazioni, ponendosi come sostituto dello Stato asiatico a fronte di ulteriori tagli.

Contestualmente, il Governo teutonico ha voluto ‘nazionalizzare’ le attività della Rosneft. Come ha scritto la Reuters, non ha fatto eccezione il controllo della PCK di Schwedt/Oder. Di fatto, però, il consorzio dei proprietari non è stato rimodulato, in quanto le azioni russe non sono state oggetto di modificazioni.

Il quadro, già di per sé ingarbugliato, si è complicato ulteriormente quando la Shell ha annunciato la volontà di vendere il suo 37,5% al britannico Pax Group. Tuttavia, la transizione si è bloccata, in virtù delle ‘rimostranze’ pervenute dalla stessa Rosneft.

La linea della Rosneft

La società con sede a Mosca è ricorsa all’Alta Corte Regionale di Dusseldolrf, sostenendo che fosse ancora in vigore l’accordo siglato tra i proprietari precedenti. Sulla base dell’assetto vigente, gli attuali azionisti avrebbero allora mantenuto un diritto di prelazione in rapporto ad eventuali dismissioni.

Sempre citando la Reuters, l’avvocato della Rosneft in Germania, Bertrand Malmendier, ha poi impostato la sua azione legale su tre ulteriori punti.

Secondo lui, in effetti la presenza di Prax come azionista potrebbe compromettere la vendita della sua quota in futuro. Il gruppo britannico – ha sostenuto ancora Malmendier – oltre ad essere fortemente indebitato, non disponeva di flussi di cassa e mancava di esperienza rispetto al mercato tedesco.

Le incertezze sul futuro della Germania

Fermo restando che dalla raffineria di Schwedt dipendono una buona parte dei consumi della città di Berlino, la questione rischia di trascinarsi ancora per diversi mesi. In due anni, la Germania è stata costretta a rimodulare interi comparti della propria economia nazionale.

Le scelte effettuate, dunque e le risposte in punta di diritto potrebbero avere delle conseguenze geo-economiche di portata notevole. Il rischio è quello che si acuiscano ulteriormente le difficoltà che l’Europa sta da mesi già attraversando.

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