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Libia, stop al petrolio di Bengasi e la rinnovata partnership con l’Italia

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L’ennesimo scontro politico tra i governi di Tripoli e di Bengasi ha bloccato la produzione e l’esportazione di petrolio dall’est della Libia, con evidenti ripercussioni sui mercati europei e internazionali. L’Eni ne risente poco, mentre l’Italia si sta già preparando in vista del Libya-Italy Roundtable and VIP Networking Evening del 23 settembre e del Libyan Italian Economic Forum del 29 ottobre.

Bengasi proclama lo stato di forza maggiore sul petrolio libico

Gli introiti della Libia derivano principalmente dall’industria petrolifera e del gas, grazie ai 48 miliardi di barili di petrolio – ossia 1,2 milioni di barili al giorno – che ne fanno un membro dell’OPEC ma anche la più grande riserva di petrolio d’Africa con una produzione di circa l’1% su scala mondiale. È il governo orientale di Bengasi, sotto il controllo del maresciallo Haftar, a occupare i territori in cui si trova più del 90% dei giacimenti petroliferi. 

Tuttavia, il movimentato contesto politico ne influenza i flussi commerciali, soprattutto quelli europei, verso cui è destinata la maggior parte della sua produzione. Ad agosto il Consiglio presidenziale di Tripoli ha deciso di sostituire il governatore della Banca centrale libica, che ha sede nella stessa città ed è riconosciuta dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite quale unica depositaria internazionale dei ricavi provenienti dal petrolio libico.

Il Governo di stabilità nazionale di Bengasi non ha però apprezzato il provvedimento, proclamando il 27 agosto lo stato di forza maggiore sui giacimenti petroliferi, il che comporta la sospensione della produzione e dell’esportazione di petrolio – ufficialmente iniziato il 2 settembre -, che riprenderanno quando il governatore destituito ritornerà al proprio posto. La Missione di sostegno delle Nazioni Unite (Unsmil) ha quindi chiesto una riunione di emergenza tra le parti anche per evitare il crollo finanziario. Di conseguenza, lo stesso giorno il prezzo globale del petrolio ha subito un rialzo del +7%, raggiungendo 81 dollari al barile.

Il 3 settembre le due parti avevano raggiunto un accordo per la nomina di un nuovo direttore della banca centrale entro 30 giorni, ma la tensione è alta e il governo di Bengasi attende che la situazione volga in suo favore.

La stima delle perdite ed esportazioni limitate

La faida politica ha quindi influenzato la produzione nazionale di petrolio con un crollo fino a 500 mila barili al giorno. Infatti, se la National Oil Corporation (NOC) – la compagnia petrolifera nazionale libica – sperava di raggiungere l’obiettivo giornaliero di 1,4 milioni di barili per quest’anno e di 2 milioni per quello successivo, adesso invece si trova costretta a dichiarare una perdita di più del 60% in totale.

Intanto, la compagnia di consulenza energetica asiatica FGE (Facts Global Energy) prevede che questo mese si verificherà una diminuzione delle esportazioni di petrolio greggio fino a 300.000 barili al giorno, sebbene al momento si attestino tra i 650 e i 750 mila barili. Anche le esportazioni della Libia occidentale saranno al minimo, comprese quelle provenienti dai giacimenti petroliferi di El Sharara e di El Feel, con una produzione rispettivamente di 270.000 barili e 70.000 barili al giorno.

Nel frattempo ad alcune petroliere è stato permesso di caricare petrolio per adempiere a obblighi contrattuali che altrimenti avrebbero loro comportato ingenti sanzioni finanziarie.

Eni regge allo stop del petrolio

Tra le maggiori compagnie colpite dall’interruzione delle esportazioni c’è Eni, il cui giacimento di El Feel – a sud ovest della Libia, capace di produrre circa 70 mila barili al giorno e gestito dalla joint venture di Mellitha Oil & Gas tra Eni e la NOC – è chiuso dal 2 settembre per decisione della NOC. Considerando che la Libia fornisce all’Italia anche importanti quantità di gas naturale, queste sembrano non essere intaccate dalla nuova escalation.

Inoltre, il 5 settembre l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha firmato tre protocolli d’intesa con la Socar, compagnia petrolifera azera, di cui uno prevede una possibile cooperazione per la produzione di biocarburanti e una conversione delle raffinerie tradizionali in bioraffinerie.

Rimedi allo stop e la consolidazione della partnership con l’Italia

A causa della difficoltà nel reperire il petrolio libico, alcune compagnie di raffinazione stanno orientando il loro sguardo altrove. Infatti, alcuni analisti ritengono che ne esistano dei validi sostituti, come il petrolio greggio americano – il West Texas Intermediate (WTI) Midland -, oppure il petrolio azero, così come quello africano. Basta considerare che ad agosto le importazioni del WTI Midland sono aumentate del 24% (1,3 milioni di barili al giorno).

In aggiunta, la NOC sta ampliando le sue capacità produttive attraverso la riabilitazione ed esplorazione di almeno 36 pozzi. La Libia prevede nuove licenze per petrolio e gas all’inizio del 2025 nel bacino sud-occidentale di Murzuq, di Ghadames a ovest e di Sirte a nord, avendo già ricevuto l’interesse di 30 compagnie per le sole risorse più marginali.

Inoltre, la Libia sta tessendo le fila di nuove opportunità d’investimento e partenariato con gli stakeholder dell’industria petrolifera, rafforzando anche il rapporto di lunga data con l’Italia. Già il 21 maggio vi è stata la firma della dichiarazione congiunta da parte del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e del Ministro dell’Industria e dei Minerali del governo di Tripoli sulla base del Piano Mattei per l’Africa. Visti gli interessi paralleli dei due governi nel settore economico e industriale, la dichiarazione mira alla cooperazione in ambito energetico – specialmente in riferimento alle materie prime critiche – così come in quello delle tecnologie green alimentate dalle fonti rinnovabili, sfruttando i processi di transizione digitale, di scambio di conoscenze nel campo della ricerca e della formazione.

Non a caso, il 23 settembre a Roma avrà luogo la Libya-Italy Roundtable and VIP Networking Evening, a conferma del ruolo dell’Italia di importante investitore straniero e grande mercato di esportazione. L’evento vedrà la celebrazione della cooperazione tra Libia e Italia nel settore dell’esplorazione e dello sviluppo, oltre alla partecipazione dei dirigenti delle maggiori compagnie energetiche libiche ed europee per discutere delle prospettive future. 

Infine, il 29 ottobre a Tripoli si terrà il Libyan Italian Economic Forum, che si concentrerà anche sull’estrazione di minerali, sulla produzione di petrolio e sulla ricerca scientifica, con l’organizzazione di attività da parte del Ministero della cultura libico e dell’Ambasciata italiana.

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