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Biocarburanti, un modo per renderne la produzione più sostenibile ed economica?

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Il nuovo studio della University of California – Riverside (UCR) si concentra sulla lignina, e in che modo quest’ultima possa essere lavorata per rendere la produzione di biocarburanti di prossima generazione più green ed economica.

La lignina

Secondo il Dipartimento dell’Energia statunitense, in America si potrebbero rendere disponibili fino a 1 miliardo di tonnellate all’anno di biomassa, al fine di produrre biocarburanti e prodotti considerati più sostenibili per l’ambiente.

L’obiettivo dunque, sarebbe quello di sostituire pian piano le fonti fossili, riducendo almeno del 30% il consumo di petrolio nel Paese e creando anche nuovi posti di lavoro grazie alla crescita di nuove soluzioni per il mercato.

Non è la prima volta che la lignina diventa protagonista di studi e ricerche a livello internazionale. Già la scorsa primavera infatti, un team di ricercatori della University of Santa Barbara ha dimostrato la possibilità di scomporre facilmente il materiale in un ambiente anaerobico al fine di ottenerne biocarburanti. Ci sono però dei problemi legati al suo utilizzo.

Le sfide da superare

La lignina, uno dei polimeri più abbondanti sulla Terra e presente negli alberi, costituisce dal 20% al 30% della biomassa vegetale terrestre, ed è nota soprattutto per la sua resistenza alla degradazione, e per le sue proprietà che le permettono di essere utilizzata in diverse filiere, soprattutto nelle cartiere e distillerie di bioetanolo.

Ma ci sono ancora delle sfide da superare sull’uso di tale sostanza, considerando che, quando il materiale viene bruciato per produrre energia, crea comunque un danno all’ambiente. Come ottenere allora dei prodotti più green?

Il metodo chiamato CELF

Per il team della University of California – Riverside (UCR), affinché i biocarburanti possano essere meno impattanti e competere, a livello di capacità energetica, con il petrolio o altri combustibili fossili, le operazioni per produrli devono essere focalizzati a un miglior utilizzo della lignina stessa. Come? Attraverso un metodo chiamato CELF (acronimo di Co-solvent Enhanced Lignocellulosic Fractionation).

Si tratta di una tecnologia innovativa di pretrattamento della biomassa, che permette di sciogliere i legami del polimero per rendendolo più facilmente adattabile alla produzione. Il sistema infatti prevede di integrare l’acqua e l’acido diluito per migliorare l’efficienza complessiva del processo, e permettere anche alla lignina di essere estratta con meno difficoltà.

Vantaggi non solo economici e ambientali

I ricercatori americani hanno spiegato che adoperare questa nuova tecnica offre vantaggi non solo economici e ambientali, ma anche in termini di prestazioni energetiche. Quest’ultime poi, migliorano ulteriormente utilizzando determinate tipi di materie prime, come il pioppo di latifoglie, piuttosto che altre, come le stoppie di mais.

Per il team di esperti poi, oltre a un migliore utilizzo della lignina, il modello di bioraffineria CELF propone anche nuove opportunità per avere sostanze rinnovabili da poter sfruttare su più campi, per esempio come elementi costitutivi di bioplastiche, o come composti aromatizzanti per alimenti e bevande.

Una nuova prospettiva per lo sviluppo dei biocarburanti?

Tutto questo potrebbe aprire dunque una nuova prospettiva per lo sviluppo dei biocarburanti? Da qui ai prossimi anni ci potrebbe essere una crescita della domanda, nonostante si tratti comunque di risorse lontane dall’essere considerate ‘climaticamente neutre’, anche se migliori di benzina e diesel.

Prima che davvero questi sistemi di bioenergia possano effettivamente contribuire al Net Zero, gli accordi internazionali dovranno garantire l’effettiva protezione delle foreste e di altri terreni naturali, così come spiegato anche da alcuni esperti del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK). Si arriverà prima o poi a tale risultato?

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