Roma, 25/11/2024 Notizie e approfondimenti sui temi dell’Energia in Italia, in Europa e nel mondo.

Non made in China? La transizione energetica costerebbe $6mila miliardi in più 

11Transizione made in China
Home > Policy > Policy Mondo > Non made in China? La transizione energetica costerebbe $6mila miliardi in più 

Il mondo è davvero pronto ad accettare il sovrapprezzo che deriverebbe dall’esclusione delle forniture cinesi nel mercato delle energie rinnovabili? Secondo l’indagine Wood Mackenzie la spesa complessiva per le tecnologie legate alla produzione di energia pulita, subirebbe un incremento del 20%. Si tratta di un aumento di 6mila miliardi di dollari.

Una transizione energetica senza Cina

In tema di transizione energetica ed obiettivi climatici, il mondo vorrebbe svincolarsi dalla dipendenza dalla Cina. Come è ormai noto, il Paese asiatico risulta essere il primo paese produttore al mondo di batterie, pannelli fotovoltaici, veicoli elettrici e turbine eoliche, con percentuali anche di gran lunga superiori al 50% del totale globale. Per mitigare il rischio del dominio cinese Europa e Stati Uniti hanno dato massima priorità agli interventi in grado di valorizzare la propria industria, penalizzando il competitor asiatico. Il più recente, aggressivo e a lungo termine, è sicuramente l’Inflation Reduction Act (IRA), convertito in legge nel 2022. Con quest’ultimo l’amministrazione Biden ha fissato dazi all’import cinese e introdotto finanziamenti per 41 miliardi di dollari per incentivare la capacità produttiva degli States. 

Espansione della capacità manifatturiera cinese nel settore delle rinnovabili

Ma il mondo è davvero pronto a pagare il costo di una decarbonizzazione senza il supporto delle forniture cinesi? La risposta è semplice. No. È grazie alla Cina, infatti, se il settore delle tecnologie green ha raggiunto livelli così alti a costi accessibili in poco più di un decennio. Non si può negare che l’ andamento a ribasso del prezzo del solare (-85%), ma anche dell’eolico (-43%) e dei sistemi di accumulo (-87%), sia dovuto all’espansione della capacità manifatturiera cinese nel settore delle rinnovabili. Sembra dunque necessario, oltre che utile, per il raggiungimento del net zero, che il colosso asiatico resti seduto al tavolo delle grandi potenze.

Lo studio Wood Mackenzie

Rendersi indipendenti dal mercato cinese delle energie rinnovabili? Da quanto si evince da un’analisi pubblicata dalla società di consulenza Wood Mackenzie, una transizione già molto in ritardo rispetto agli obiettivi prefissati, sarebbe ulteriormente frenata dal tempo necessario a raggiungere la scala di produzione cinese. La vera soluzione risiede, invece, nella creazione di un’economia globale di successo, ottenibile soltanto mediante la cooperazione internazionale. In particolare, secondo lo studio, sarà proprio il compromesso tra Stati Uniti, Europa, Cina e altri Paesi ad offrire alle economie mondiali l’opportunità di alimentare le proprie ambizioni green, raggiungendo costi e valori ottimali per tutti.

Quanto costerebbe uno scenario senza Cina?

Wood Mackenzie stima che, in base alle prospettive attuali e al panorama energetico delineato, la spesa in conto capitale necessaria per la transizione energetica, da qui al 2050, tra energia e fonti rinnovabili, dovrebbe attestarsi intorno ai 29.000 miliardi dollari. Consideriamo, invece, uno scenario in cui i mercati mondiali si liberano della green tech made in China. Il riflesso sui costi sarebbe immediato. La spesa complessiva per le tecnologie legate alla produzione di energia rinnovabile, subirebbe un incremento del 20%. Si tratta di un aumento di 6mila miliardi di dollari. Un sovrapprezzo accettabile?

Articoli correlati