Secondo un’analisi di Rystad Energy, Ue e Stati Uniti stanno cercando, attraverso l’attuazione di diverse politiche, di raggiungere la Cina per quanto riguarda le catene di approvvigionamento globali di rinnovabili. Ma stare allo stesso passo è complicato.
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La ricerca
Nella ricerca pubblicata dalla società indipendente Rystad Energy emerge quanto l’Unione Europea e gli Stati Uniti stiano a tutti i costi cercando di guadagnare terreno nei riguardi della Cina, leader indiscusso nelle catene di approvvigionamento che riguardano l’estrazione, la lavorazione, la raffinazione e la produzione di materiali per l’energia solare, eolica e per le batterie.
Per contrastare il progredire del Paese asiatico, l’Occidente vorrebbe aumentare la propria capacità energetica e forniture più affidabili e convenienti. Il problema però è che questi sforzi potrebbero non essere abbastanza, e costargli fino a 700 miliardi di dollari.
Per Rystad Energy, la colpa è anche dei governi che non sono stati responsabili, e si sono resi conto della situazione dopo l’invasione in Ucraina da parte della Russia. Cosa fare adesso? Per la società norvegese è già troppo tardi, perché servirebbero innumerevoli anni e investimenti importanti per raggiungere i traguardi sperati.
Pechino continua a scommettere su nuovi progetti
L’Occidente comunque non molla la presa e continua a sperare che, accelerando la transizione energetica, qualcosa possa cambiare. Nel frattempo però, Pechino continua a scommettere su nuovi progetti, dedicandosi non solo all’approvvigionamento interno, ma allargandosi oltre i confini.
Il Paese infatti sta cercando in Africa terre rare, come il litio prelevato in Namibia, al fine di rafforzare la propria leadership a fronte del fatto che pochi Stati possiedono a oggi giacimenti necessari.
Crescono poi di continuo gli investimenti sulle fonti alternative: la capacità di produzione e lavorazione è passata da 10 miliardi di dollari nel 2016, a 140 miliardi nel 2023, con uno sviluppo del solare da 14 GW a corrente alternata (GWac), a 850 GWac, e un avanzamento nella costruzione di celle a batteria da 126 GWh, a 1.550 GWh.
A confronto, la somma annuale spesa dalle altre Nazioni e combinata insieme, è aumentata di poco durante gli anni tenuti in considerazione: dai 7 miliardi di dollari del 2016 ai 20 miliardi di adesso, e questo dimostra ancor di più che la rincorsa che tutto l’Occidente sta proseguendo sembra non portare a nulla di concreto, almeno a breve termine.
Le politiche europee e americane
La ricerca di Rystad Energy parla anche di quei programmi e quelle politiche europee e americane messe in campo per migliorare la situazione, come l’IRA (Inflation Reduction Act) o altre convenzioni pensate per incoraggiare e promuovere l’utilizzo di vettori energetici più sostenibili.
Nell’Ue per esempio, si sta tentando di affrontare la questione con il Net Zero Industry Act, e dunque affidandosi a un regolamento che possa rafforzare le filiere industriali delle tecnologie pulite necessarie per arrivare alla decarbonizzazione globale.
Servirà fare di più per recuperare il ritardo
Nonostante tutto questo però, la pipeline di progetti al di fuori della Cina è al momento meno di un quarto degli investimenti necessari per sganciarsi completamente dalla sua dipendenza. Pechino infatti ha un vantaggio non solo nel settore manifatturiero ma anche su quello minerario. Le aziende del Paese inoltre, come evidenza la ricerca, possiedono una miriade di brevetti, e questo fortifica ancor di più il loro primato su determinati campi.
Da qui al 2030 allora, servirà fare di più per recuperare il ritardo dell’Occidente accumulato nell’arco di diversi anni. Per Rystad Energy poi, sarà anche necessario compiere un riciclo dei minerali su larga scala, comprese le apparecchiature dismesse, al fine di incrementare la propria produzione e sperare di poter raggiungere quanto prima un’indipendenza ancora troppo lontana.