Manifestanti a Dubai chiedono impegni maggiori e più concreti da parte dei Paesi più ricchi per ridurre l’uso dei combustibili fossili e aumentare i finanziamenti a supporto delle economie più deboli del Sud del mondo. Nel frattempo, il Presidente della COP28 di Dubai, Sultan Al Jaber, ha dichiarato che di gas e petrolio il mondo non può fare a meno all’improvviso e che invece “seve un percorso ragionato di uscita e allo stesso tempo ordinato, giusto e responsabile”. Secondo molti, un doppio passo indietro rispetto all’emergenza climatica e ambientale che stiamo vivendo.
Sale la tensione alla COP28
Dopo le cerimonie di apertura e un inizio in sordina, alla COP28 di Dubai va in scena il primo vero momento di tensione, da una parte con le prime manifestazioni di piazza (seppur contenute) e dall’altra con le affermazioni “forti” del presidente della Conferenza, Sultan Al Jaber.
Le proteste di strada, al di fuori dell’esiguo numero dei partecipanti, hanno lanciato slogan contro i Paesi più ricchi del mondo, cioè le vere economie responsabili della gran parte dell’inquinamento globale, chiedendo che il fondo “Perdite e danni” (Loss & damage) sia reso più cospicuo, visto che sono almeno 30 anni che se ne chiede l’istituzione.
Tanto per capirci, Nord America, Europa e grandi potenze asiatiche sono responsabili del 90% delle emissioni di gas serra in atmosfera, contro il 3% dell’intera Africa.
Il fondo, infatti, dovrebbe servire a risarcire i Paesi economicamente più deboli e che più di altri sono esposti agli effetti negativi dei cambiamenti climatici. La nostra Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha subito offerto dall’Italia 100 milioni di euro. Successivamente sono stati annunciati altri 100 milioni di euro dalla Francia e altri 100 dalla Germania, 75 milioni dalla Gran Bretagna, 10 milioni dal Giappone e solamente 17 milioni circa dagli Stati Uniti. L’Unione europea ha comunicato che verserà complessivamente 225 milioni di euro.
Al 30 novembre, i primi impegni finanziari presi alla COP28 per questo fondo ammontavano a 550 milioni di dollari.
Sultan Al Jaber: “Eliminare petrolio e gas non è scienza”
Altro motivo di attrito vivo tra chi vorrebbe impegni più concreti e i vertici della COP28 è invece legato alle dichiarazioni del Presidente della Conferenza, Sultan Al Jaber, che avrebbe dichiarato: “Non esiste scienza che sostenga l’eliminazione dei combustibili fossili come necessaria per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali” si legge in un articolo pubblicato dalla CNN.
Non solo, perché Al Jaber avrebbe aggiunto: “Invito a mostrarmi una tabella di marcia per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili che consentirebbe uno sviluppo socio-economico sostenibile ed accettabile a livello sociale, a meno che non intendiamo riportare l’umanità nelle caverne”.
Di fatto, il Presidente della Conferenza di Dubai, già a capo della più grande compagnia petrolifera degli Emirati Arabi Uniti (la Abu Dhabi National Oil Company) e di altre aziende energetiche del regno, ha spiegato che non è contrario all’uscita del mondo dall’era dei combustibili fossili, ma che l’obiettivo è raggiungibile solo in un percorso energetico di integrazione di più fonti.
“Seve un percorso ragionato, serio, deciso e allo stesso tempo ordinato, giusto e responsabile”, ha continuato Al Jaber.
Di fatto, sembrano confermati i pregiudizi nei confronti del manager emiratino, che vedevano in lui non l’uomo adatto a presiedere una Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Entro il 2030 raddoppierà la produzione di combustibili fossili
D’altronde, secondo il recente Rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), la produzione mondiale di combustibili fossili è destinata a crescere più del doppio rispetto ai livelli congrui con un percorso di decarbonizzazione come quello fissato dalla COP21 e dal trattato di Parigi.
Era proprio questa una delle questioni a dir poco cruciali che andavano discusse a Dubai e su cui bisognava trovare un accordo il più vincolante possibile. Il problema è che il Presidente di questa COP28 ha indicato una strada diversa, quella più conservativa e dannosa, affiancato in questo dalla Banca Mondiale, che ha scelto di rendere volontari e non obbligatori i finanziamenti dei vari progetti di contrasto ai cambiamenti climatici e al global warming.
In uno studio citato da un documento del Parlamento europeo si sottolinea che entro il 2030 (tra soli sei anni circa) i fondi necessari per riparare perdite e danni causati dall’estremizzazione del clima devrebbero essere compresi tra 290 e 580 miliardi di dollari l’anno. Inutile dire che la spesa dedicata a questo fine ha raggiunto nel tempo livelli ben lontani dal necessario.