Dei 10 Top Player del fotovoltaico globale, sette sono cinesi, due americani e uno coreano. Usa e Ue hanno una quota di mercato non superiore al 2%. È ora di cambiare strategia se si vuole davvero competere con Pechino e investire definitivamente nella transizione energetica.
Strapotere cinese e tentennamenti occidentali
Tra gennaio e novembre del 2023, i prezzi dei pannelli fotovoltaici cinesi sono scesi da 0,23 dollari/W a 0,13 dollari/W. Un crollo del 43% che ha consentito alle Cina e alle sue aziende di conquistare l’80% del mercato mondiale dei moduli fotovoltaici, lasciando agli altri Paesi del Sud-Est asiatico circa il 18% delle quote globali e agli Stati Uniti e all’Europa poco meno del 2%.
Una situazione che da un lato lascia intendere senza fraintendimenti quanto il settore sia ricco e possa in potenza continuare a crescere, ma dall’altro solleva dubbi e interrogativi proprio sull’operato dei Paesi occidentali.
È ancora percorribile la strada dei dazi e dei blocchi commerciali contro lo strapotere di Pechino nelle tecnologie rinnovabili solari? È così che Stati Uniti e Unione europea sperano di contenere l’oligopolio cinese? In che modo pensano di aumentare la competitività delle proprie imprese rispetto a quelle asiatiche?
Si tratta di comprendere che produrre pannelli fotovoltaici a livello nazionale non solo è possibile, ma auspicabile, se si vuole davvero accelerare la transizione energetica ed ecologica, raggiungere un maggior livello di autonomia energetica e magari creare nuova impresa e nuovi posti di lavoro (dimostrando così che la transizione non è socialmente insostenibile).
Il mercato dei pannelli fotovoltaici potrebbe raggiungere i 264 miliardi di valore a livello mondiale
Secondo un recente studio pubblicato da Vantage Market Research, il mercato mondiale dei pannelli solari è stimato crescere ad un tasso medio annuo (Cagr) del +8,2%, passando così dai 152 miliardi di dollari di valore del 2022 ai 264 miliardi attesi entro il 2030.
Dei 10 Top Player riportato nel report, sette sono cinesi, due americani e uno coreano. I segmenti che si proporranno come driver del mercato mondiale saranno i pannelli galleggianti e le microreti per microgenerazione/storage di energia elettrica da impianti fotovoltaici di prossimità.
L’accordo su clima USA-Cina potrebbe favorire un’impennata della capacità delle fonti rinnovabili entro il 2030
Secondo Tim Buckley, direttore del think tank australiano Climate Energy Finance (CEF), i prezzi dei moduli solari potrebbero avvicinarsi alla soglia di 0,10 dollari/W entro la fine del 2024 o eventualmente nel 2025.
Buckley ha inoltre osservato che il probabile nuovo accordo sul clima stipulato dal Presidente cinese, Xi Jinping, e dal Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, potrebbe prevedere un invito formale a triplicare la capacità delle energie rinnovabili a livello globale entro il 2030.
Tutti si augurano l’inizio di una nuova fase distensiva a livello geopolitico e l’avvio di un processo deflattivo sempre più veloce a livello mondiale, soprattutto in Occidente, dove invece negli ultimi due anni è accaduto il contrario.
Si libereranno nuove risorse economico-finanziarie da riversare sulle rinnovabili, soprattutto il fotovoltaico. Gli investimenti in nuova capacità termo-elettrica diminuiranno a vantaggio del solare e delle tecnologie storage.
Come uscire quindi dalla situazione di oligopolio cinese di fatto? Europa, Stati Uniti e India vogliono crescere ma per farlo hanno bisogno di catene di approvvigionamento sicure e stabili, più diversificate possibil, ma anche una maggiore integrazione della filiera nazionale.
Dazi si o no? Forse bisogna muoversi diversamente per competere con la Cina
Come spiegato nel “Silicon to Solar (S2S) Study – Phase 1: Market Assessment Report”, pubblicato dall’Australian PV Institute, per essere competitivi in questo mercato a livello mondiale bisogna: innovare l’intera catena del valore; dimensionare gli impianti produttivi su una scala adeguata alla futura domanda di fotovoltaico a livello nazionale e globale; raggiungere il prima possibile gli obiettivi di decarbonizzazione e adeguare a questi la capacità produttiva fotovoltaica.
La catena del valore del fotovoltaico si compone di installatori, produttori e importatori di moduli fotovoltaici, inverter e batterie, ma anche di rivenditori, ricercatori e altri portatori di interessi, che vogliono tutti la stessa cosa: far diminuire il prezzo dei moduli e aumentare la produzione e il consumo finale.
I dazi o altre forme di tassazione sulle importazioni dall’estero non possono rappresentare ancora per molto una strategia valida per contenere la forza dei grandi player mondiali e favorire la nascita di un’industria nazionale. Servono nuove idee, creatività, voglia di fare impresa e la volontà politica di realizzare un nuovo mercato a livello locale.
Se si vuole Se si vogliono creare mercati nazionali che installano decine di GW di fotovoltaico all’anno, si potrebbero ad esempio promuovere gare pubbliche dando priorità ai produttori locali, compatibilmente con le risorse territoriali, mentre il resto inizialmente si potrebbe acquistare dai fornitori esteri.
Rimane di fatto il problema sociale ed ecologico legato alla crescente domanda di terre rare e altre risorse naturali necessarie alla produzione di pannelli fotovoltaici, motivo per cui bisogna investire di più e tempestivamente sul riciclo e il riuso, ma anche in altre tecnologie a bassissimo impatto ambientale, per non impattare negativamente su ambiente e popolazioni che vivono vicino ai siti estrattivi.