Eravamo nel 2021, c’era la COP21 di Glasgow, e la Gran Bretagna faceva da padrone di casa e da Governo che si mostrava sensibile come non mai alle tematiche ambientali e climatiche, per fare bella figura e aumentare consensi all’interno e all’esterno. Ma ora i nodi vengono al pettine e i nuovi pozzi in preparazione peggioreranno solo i livelli di concentrazione di gas serra in atmosfera. La denuncia di Greenpeace.
Il Governo di Londra firma trattati sul clima con una mano e con l’altra rilascia autorizzazioni per nuovi giacimenti di petrolio e gas
Negli ultimi due anni, la Gran Bretagna ha dato il suo ok a nuovi pozzi di estrazione di petrolio e gas naturale nei giacimenti del Mare del Nord. Secondo studi diffusi da Greenpeace e riportati dal quotidiano The Guardian, però, tali attività immetterebbero in atmosfera tanta CO2 quanta ne emetterebbero 14 milioni di automobili, o se vogliamo l’intera Danimarca, in un anno.
Stiamo parlando di 28 milioni di tonnellate di diossido di carbonio (CO2), che potrebbe inoltre aumentare di ben otto volte, come volume di emissioni, in caso le attività estrattive si prolungassero nel tempo.
Licenze di estrazione rilasciate subito dopo che l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) aveva chiesto di fermare qualsiasi altra attività di questo tipo, quindi di evitare di realizzare nuovi pozzi di combustibili fossili, onde evitare l’aumento della temperatura media del pianeta a 1,5°C.
Eravamo nel 2021, c’era la COP21 di Glasgow, e la Gran Bretagna faceva da padrone di casa e da Governo che si mostrava sensibile come non mai alle tematiche ambientali e climatiche, per fare bella figura e aumentare consensi all’interno e all’esterno.
A parole tutti ecologisti, a fatti tutti in cerca di opportunità di business col fossile
Nei due anni successivi sono arrivate nuove autorizzazioni per l’estrazione di gas e petrolio, e questo perché Londra aveva sottoscritto accordi in cui si procedeva a controlli e limiti delle emissioni di gas serra associate solo alle esplorazioni e alla messa in esercizio di nuovi giacimenti, ma non alle emissioni inquinanti che sarebbero state generate dallo sfruttamento nel tempo di quegli stessi giacimenti.
Ci si concentra solo sulle attività iniziali, non sugli esiti finali derivanti dallo sfruttamento intensivo di nuovi pozzi estrattivi. E le stima del Report rendono bene l’idea di quanto sia pesante l’impatto sul clima e sul global warming.
Tutti o quasi i Governi occidentali, a parole, assicurano cittadini e pubblico televisivo che tutto è sotto controllo e che l’impegno per ambiente e clima è massimo da parte delle Istituzioni. Poi in realtà fioccano i contratti con le multinazionali del fossile, per nuovi pozzi estrattivi e nuove opportunità di business.
Il Governo britannico, ad esempio, dal 2015 al 2022 ha disposto finanziamenti a favore delle fonti energetiche rinnovabili per circa 60 miliardi di sterline, mentre per i combustibili fossili ha messo sul piatto più di 80 miliardi di sterline.
La transizione green costa troppo e ci vuole tempo? Forse è vero, ma continuare così significa aspettare che arrivi il peggio
“Le proposte di sviluppo di giacimenti petroliferi con licenze esistenti sono di competenza delle autorità di regolamentazione, con l’impatto ambientale delle proposte stesse soggetto a una rigorosa valutazione normativa, inclusa una valutazione completa dell’impatto ambientale e una consultazione pubblica”, ha spiegato un portavoce del Dipartimento per la sicurezza energetica e le emissioni zero.
“La transizione verso forme di energia non fossili non può avvenire dall’oggi al domani – ha aggiunto il portavoce – e anche quando saremo a zero emissioni, avremo ancora bisogno di petrolio e gas, come riconosciuto dal Comitato indipendente sui cambiamenti climatici. L’approvvigionamento di gas a livello nazionale è anche migliore per l’ambiente, in quanto ha un’impronta di carbonio inferiore rispetto all’importazione dall’estero”.
Se questa è la strada che i Governi occidentali vogliono seguire per garantire guadagni alle imprese del settore, è inutile insistere sul racconto della transizione energetica ed ecologica. O almeno, avessero il coraggio di dirlo ai cittadini, che sono anche elettori.
Mentre l’ambiguità e il pregiudizio ideologico proseguono a dominare la scena politica, in molte nazioni europee e del Mediterraneo si fanno i conti con gli effetti distruttivi dell’estremizzazione climatica. Non si contano solo i danni materiali, sempre più spesso anche i decessi e i feriti. E siamo solo all’inizio.