Secondo un nuovo studio dal titolo “Le opportunità per la filiera dei RAEE all’interno del Critical Raw Materials Act”, realizzato da The European House – Ambrosetti e commissionato da Erion, molti dei principali Paesi europei registrano un’alta esposizione verso i fornitori esteri extra europei di materie prime critiche. Il nostro Paese sta nella posizione peggiore. Dovremmo puntare di più sui RAEE.
UE troppo dipendente da fornitori esteri di materie prime critiche, l’Italia è il Paese messo peggio
Le materie prime critiche sono diverse e tutte considerate di primaria rilevanza economica, ma con la caratteristica di un elevato rischio di fornitura. La Commissione europea ne ha messe in lista 34, tra cui litio, fosforo, cobalto, magnesio, bauxite, tungsteno e titanio.
Tutti elementi chiave per diverse industrie strategiche, da quella energetica a quella aerospaziale, dall’elettronica di consumo all’automotive, passando per le fonti energetiche rinnovabili.
Secondo un nuovo studio dal titolo “Le opportunità per la filiera dei RAEE all’interno del Critical Raw Materials Act“, realizzato da The European House – Ambrosetti e commissionato da Erion, molti dei principali Paesi europei registrano un’alta esposizione verso i fornitori esteri extra europei di materie prime critiche.
L’Italia è risultato il Paese che più di tutti gli altri dipende da queste forniture straniere, con tutte le implicazioni di sicurezza e qualità delle catene di approvvigionamento.
Stando allo studio, infatti, la produzione industriale del nostro Paese dipende da queste forniture per 686 miliardi di euro, pari al 38% del nostro PIL.
Una dipendenza nazionale che nel giro di un anno è aumentata del 22% (nel 2021 era pari a 564 miliardi di euro, con un’incidenza del 33% sul PIL.
Anche la Germania occupa una posizione poco invidiabile, probabilmente subito dopo di noi, con una dipendenza della propria industria che incide del 33% sul PIL nazionale. Piuttosto negativa anche la situazione della Spagna, con un’incidenza della dipendenza dai fornitori esteri del 23% sul PIL nazionale. La Francia solo del 10%.
Energia, rinnovabili, automotive, aerospaziale, i settori più affamati di materie prime critiche. Il “Critical Raw Materials Act”
Come anticipato, diversi sono i settori che più di altri risultano dipendenti fortemente da fornitori esteri di materie prime critiche, in particolare l’industria energetica europea tutta, che risulta esposta per 29 su 34 materie prime critiche, seguita da quella aerospaziale (24 su 34), dall’automotive (23 su 34), quindi dalle fonti energetiche rinnovabili (19 su 34).
Per ridurre questa dipendenza, Bruxelles ha approvato il “Critical Raw Materials Act“, che si pone diversi obiettivi strategici, tra cui un limite massimo del 65% dei materiali importati debba provenire da un unico paese, a fronte di uno scenario attuale che vede un’estrema concentrazione della fornitura di materie prime critiche tra Cina (65%), Sud Africa (10%), Repubblica democratica del Congo (4%) e Stati Uniti (4%), e che almeno il 15% delle CRM debba provenire dal riciclo.
Il regolamento europeo stabilisce chiari parametri di riferimento riguardanti le capacità nazionali lungo la catena di approvvigionamento strategica delle materie prime e la diversificazione dell’approvvigionamento dell’UE entro il 2030:
- almeno il 10% del consumo annuo dell’UE per l’estrazione;
- almeno il 40 % del consumo annuo dell’UE per la trasformazione;
- almeno il 15 % del consumo annuo dell’UE per riciclaggio;
- un massimo del 65 % del consumo annuo dell’Unione di ciascuna materia prima strategica in qualsiasi fase pertinente della trasformazione può provenire da un unico paese terzo.
Ulteriore elemento di massima rilevanza in questo scenario è il recupero, riciclo e riuso di questi materiali da prodotto esausti e rifiuti (soprattutto elettronici e di tecnologie per l’energia), che da un lato garantirebbero di accrescere l’autonomia dalle forniture straniere e dall’altro di potenziare l’economia circolare.
L’aumento dei volumi raccolti e la realizzazione di impianti adeguati al loro riciclo, potrebbe portare ad un recupero di circa 17 mila tonnellate di Materie Prime Critiche, pari al 25% di quelle importate dalla Cina nel 2021.