Dall’esplosione della pandemia da Covid-19 ad oggi sono stati spesi 1,2 trilioni di dollari in fonti rinnovabili in tutto il mondo, ma non basta. Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione servono più risorse, soprattutto nelle economie in via di sviluppo. Le affermazioni del presidente della COP28 e i possibili conflitti di interessi di Dubai.
Un mondo che va sempre più a rinnovabili
L’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito di Mosca, iniziata ormai più di un anno fa, ha avuto tra i diversi effetti globali l’aumento delle tensioni geopolitiche su scala planetaria e la volontà da parte dei Governi, in particolare degli Stati dell’Unione europea, di incrementare la propria autonomia energetica, facendo leva sulle fonti energetiche rinnovabili.
Da marzo 2022 ad oggi la spesa mondiale in fonti energetiche rinnovabili è aumentata di 500 miliardi di dollari, secondo recenti dati dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea).
Dall’inizio della pandemia da Covid-19 ad oggi, stando al Report, gli investimenti complessivi hanno superato quota 1,2 trilioni di dollari.
L’accresciuto livello di spesa pubblica in energia pulita e rinnovabile favorirà anche l’intervento dei privati e l’Aie si attende un incremento generale degli investimenti del 50% a oltre 2 trilioni di dollari annui entro il 2030.
Il problema è che il 95% della spesa pubblica si è avuto solo nelle economie avanzate. Bisogna favorire investimenti anche in quelle in via di sviluppo. Si deve rapidamente trovare il modo di livellare questo squilibrio, che altrimenti potrebbe rallentare la fase di sviluppo delle fonti rinnovabili e indebolirne il mercato.
Dubai e il conflitto di interessi del sultano alla COP28
Proprio su questo argomento, stamattina, intervenendo al Petersberg Climate Dialogue, in corso a Berlino, Il presidente della COP28 (la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, in programma dal 30 novembre al 12 dicembre 2023 a Dubai) nonché ministro dell’Industria degli Emirati Arabi Uniti, Ahmed al-Jaberm, ha dichiarato: “Accelereremo lo sviluppo delle energie rinnovabili, che devono triplicare la loro capacità entro il 2030 e raddoppiarla nuovamente entro il 2040”.
“Abbiamo aspettative molto alte, ma scarsa fiducia nelle possibilità di raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati. Aspettiamo ancora che i Paesi più ricchi provvedano a donare, nei confronti delle economie del Sud del mondo, i 100 miliardi di dollari all’anno promessi alla COP21 di Parigi, vorrei che prima dell’inizio della COP28 succedere qualcosa a tal proposito“, ha dichiarato il ministro emiratino.
Da notare che Ahmed al Jaberl è anche amministratore delegato dell’azienda petrolifera degli Emirati Arabi Uniti, la Abu Dhabi national oil company (Adnoc), cosa che ha infastidito non poco le numerose organizzazioni non governative che supportano la Conferenza ONU sul clima fin dalla sua nascita.
Secondo Harjeet Singh, responsabile del Climate Action Network, network globale di oltre 1.800 ong ambientaliste di 130 Paesi, ha affermato che questa nomina pone in essere un “oltraggioso conflitto di interessi”, perché si tratta di un rappresentante dell’industria del greggio e in quanto tale non potrà mai fare gli interessi dell’ambiente e di uno sviluppo sostenibile che abbandoni rapidamente i combustibili fossili.
La carica dei lobbisti dell’economia fossile
I lobbisti del fossile, d’altronde, aumentano di numero, anno dopo anno, in occasione di ogni Conferenza mondiale sul clima. Alla COP27 in Egitto erano più di 500, il 25% in più rispetto alla COP26 di Glasgow.
Se questo fosse il trend, in molti temono che la loro presenza a Dubai, supportata anche dal Presidente di turno, potrebbe anche aumentare, ponendo serie preoccupazioni in termini di risultati concreti da raggiungere attraverso gli incontri che animeranno la COP28.
Basti tenere a mente che a distanza di più di sette anni dalla COP21, le grandi banche di tutto il mondo investono ancora enormi quantità di risorse finanziarie nel settore dei combustibili fossili: nel 2022 più di 684 miliardi di dollari, secondo stime di Oil Change International.