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Meloni contro case green e auto elettriche: “Ci espongono a nuove dipendenze strategiche”

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Le comunicazioni al Senato della Premier Meloni per il Consiglio europeo (23-24 marzo)

L’Italia cerca di schiarirsi le idee su molti argomenti a dir poco rilevanti per il futuro economico, finanziario, sociale e politico dell’Unione europea. Li conosciamo tutti i temi chiave: Russia e Ucraina, autonomia e transizione energetica, Green Deal, neutralità climatica, lotta ai cambiamenti climatici e l’inquinamento, le grandi migrazioni.

L’attuale Governo non ha mai nascosto le sue posizioni, generalmente antieuropee, o comunque fortemente critiche verso Bruxelles. Le comunicazioni della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in occasione del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo prossimi, le ha riconfermate tutte.

Pur ribadendo la centralità della transizione energetica ed ecologica, l’esecutivo a trazione centrodestra sposa per così dire gli obiettivi dell’Unione europea, ma non le strategie. In particolare sono due i temi oggi sollevati (di nuovo) a Palazzo Madama dalla Premier Meloni: l’efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati e la proposta di stop alle vendite di nuove vetture diesel e benzina a partire dal 2035.

Il processo verso un’economia verde deve essere sostenibile dal punto di vista sociale ed economico.  Per questo ci opponiamo a proposte come il regolamento sulle emissioni di anidride carbonica delle auto o la revisione della direttiva per l’efficientamento energetico degli edifici, perché, così come concepite, si traducono in una penalizzazione dei nostri cittadini e delle nostre imprese e rischiano di esporci a nuove dipendenze strategiche, proprio quando stanno andando in porto gli sforzi per liberarci dalla dipendenza dal gas russo”, ha spiegato Meloni.

Le nuove dipendenze strategiche

Quando parla di “nuove dipendenze” la presidente del Consiglio si riferisce ad esempio alle materie prime critiche, fondamentali per costruire pannelli solari o turbine eoliche, ma anche batterie, le stesse con cui si alimentano le auto elettriche (e certamente tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche sul mercato, compresi i nostri smartphone).

“La Commissione ha presentato proprio in questi giorni un Piano articolato e ambizioso sulle materie prime critiche, che si pone l’obiettivo di ridurre la dipendenza europea, particolarmente dalla Cina, diversificando i fornitori e rilanciando le capacità estrattive proprie. Il commissario Breton, nel presentare il Piano, ha dichiarato che in Europa abbiamo il 30-40 per cento di quasi la totalità dei minerali necessari al nostro fabbisogno interno ed evidentemente è arrivato il momento di dare i mezzi per estrarli e non accettare più che in Europa si consumi e basta, lasciando la produzione agli altri”, ha affermato Meloni.

Poi la Premier spiega anche perché ha parlato di “nuove dipendenze strategiche”, in relazione alla duplice transizione ecologica ed energetica: “quanto più questa si accelera con target spesso di difficile raggiungimento, in assenza della necessaria diversificazione delle forniture, tanto più si aumenta la nostra dipendenza verso fornitori che oggi detengono quasi un monopolio sulle risorse necessarie ad alimentare la nostra transizione”.

Miopia del Governo Meloni

Il problema, oltre le affermazioni perentorie e il piglio di chi ha le idee chiare, è che servono nuovi strumenti, nuove risorse finanziarie e nuove politiche, senza dimenticare la capacità che un Governo ha o meno di governare gli eventi e i momento critici.

Dire che gli obiettivi green “devono essere compatibili con la sostenibilità economica e sociale” significa non volervi raggiungere. Si mette in secondo piano il benessere ambientale, sociale e anche economico che quelle misure promettono rispetto alle esigenze industriali e di mercato del momento.

Mancano 12 anni al 2035 e già si afferma che non ce la faremo ad elettrificare l’automobile e gli altri veicoli, senza neanche averci provato e assicurando posizioni di rendita ai soliti soggetti di potere, a scapito di ogni possibile cambiamento. Certo si può discutere sulla tempistica (12 anni sono pochi?), sul volume di spesa che un percorso del genere richiede (e certo l’Europa dovrà rispondere a questo problema), ma c’è anche da dire che è inevitabile effettuare la duplice transizione e i nuovi dati del Sesto Rapporto dell’IPCC sui cambiamenti climatici sono in questo spietati.

Giornalista

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