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Tecnologie energetiche pulite, un mercato mondiale da 650 miliardi di dollari all’anno entro il 2030. Il Rapporto

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La corsa alle tecnologie pulite nel settore energetico tra rischi ed opportunità. Attesi 14 milioni di nuovi posti di lavoro e un mercato mondiale in rapida crescita entro la fine del decennio, ma occorre diversificare le catene di approvvigionamento ed evitare ogni forma di dipendenza da forniture estere.

Gli obiettivi di decarbonizzazione e neutralità climatica che diversi Paesi al mondo hanno fissato tra il 2030 ed il 2050 sono di fatto raggiungibili solo ed esclusivamente se i diversi piani annunciati prevedono o meno l’introduzione di tecnologie pulite applicate all’energia, all’industria e all’ambiente.

Pannelli solari e turbine eoliche di nuova generazione per accelerare il dispiegamento degli impianti a fonti energetiche rinnovabili, batterie più efficienti per veicoli elettrici, elettrolizzatori per produrre idrogeno verde, pompe di calore per abbattere inquinanti e consumi, catene di approvvigionamento di risorse naturali e componentistica più sicure e diversificate, sono solo alcuni esempi concreti di tecnologie energetiche pulite e a basso impatto ambientale ( se non a zero impatto).

Secondo il nuovo Rapporto “Energy Technology Perspectives 2023”, appena pubblicato dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), il mercato globale delle principali tecnologie energetiche pulite prodotte in serie è atteso valere circa 650 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, più del triplo del livello attuale.

Un dato straordinario che si potrà raggiungere solo se i paesi di tutto il mondo attueranno pienamente i loro impegni energetici e climatici annunciati in questi ultimi anni.

Ma non solo, perché le tecnologie energetiche pulite potrebbero anche creare 14 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030, contro gli attuali 6 milioni circa.

L’Agenzia ha evidenziato quasi due anni fa che un nuovo modello di economia energetica globale stava emergendo rapidamente. Oggi è un pilastro centrale della strategia economica di ogni paese, che deve individuare il modo migliore di trarre vantaggio dalle opportunità offerte e di affrontare le sfide senza subire danni. Stiamo parlando di nuovi mercati delle tecnologie per l’energia pulita, che valgono centinaia di miliardi di dollari e sono in grado di creare milioni di nuovi posti di lavoro”, ha affermato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’AIE.

La notizia incoraggiante è che la pipeline di progetti globali per la produzione di tecnologie per l’energia pulita è ampia e in crescita. Se tutto ciò che è stato annunciato fino ad oggi verrà realizzato, gli investimenti che confluiranno nella produzione di tecnologie per l’energia pulita forniranno anche i due terzi di ciò che è necessario in un percorso verso emissioni nette zero”, ha proseguito il direttore.

“Allo stesso tempo, il mondo trarrebbe grande vantaggio da catene di approvvigionamento di tecnologia pulita più diversificate“, ha aggiunto Birol. “Come abbiamo visto con la dipendenza dell’Europa dal gas russo, quando si dipende troppo da una società, un paese o una rotta commerciale, si rischia di pagare un prezzo alto in caso di interruzione. Quindi – ha precisato il direttore dell’Iea – sono lieto di vedere molte economie in tutto il mondo competere oggi per essere leader nella nuova economia energetica e guidare un’espansione della produzione di tecnologia pulita nella corsa alle emissioni zero. È importante, tuttavia, che questa competizione sia leale e che ci sia un sano livello di collaborazione internazionale, poiché nessun paese è un’isola energetica e le transizioni energetiche saranno più costose e lente se i paesi non collaborano“.

Fondamentale quindi evitare eccessive concentrazioni di risorse nelle mani di pochi grandi Paesi e soprattutto uno schema di supply chain globali troppo “stretto”, che renderebbero gli approvvigionamenti più difficili insicuri e costosi.

Alcuni esempi in questo senso sono le elevate concentrazioni di terre rare e metalli preziosi nelle mani di alcune grandi imprese cinesi, che estraggono in Congo (qui si trova il 70% del cobalto), mentre sempre Cina, Australia e Cile rappresentano il 90% della produzione mondiale di litio.

Supply chain troppo strette determinano insicurezza nelle forniture, con relativi danni economici, e un aumento generalizzato dei prezzi, come nel caso delle batterie per auto elettriche, che oggi subiscono un incremento di prezzo a causa dell’estrema volatilità sui mercati dei prezzi di cobalto, litio e nichel.

Giornalista

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