L’indagine della CNA: quasi il 40% degli intervistati dichiara che ridurrà gli investimenti e quasi uno su tre prevede una contrazione del fatturato. La grande paura delle imprese è il costo dell’energia, che non accenna a fermare la sua corsa, ma timori crescenti riguardano anche il prezzo dei carburanti, sempre più alto, e gli effetti dell’inflazione sull’economia.
Anno nuovo, vecchie preoccupazioni. Sembra questa la situazione attuale per le imprese italiane, che per il 2023 hanno individuato i fattori di rischio per l’economia nazionale e sono gli stessi dell’anno appena concluso.
Secondo una nuova indagine della Confederazione nazionale dell’artigianato e della Piccola e media impresa (Cna), per il 65,5% delle imprese il caro-energia rappresenta la principale minaccia alla crescita, a cui si affianca anche una forte preoccupazione sul prezzo dei carburanti.
Subito dopo ci sono le spinte inflazionistiche (47,7%), la mancata attuazione degli investimenti del PNRR (41,8%) e il venir meno delle politiche di sostegno all’economia (39,7%).
Una impresa su tre lamenta infine la mancanza di personale con le giuste competenze.
Per le oltre 1000 imprese coinvolte nell’indagine è comunque l’incertezza a dominare la scena economica nazionale, tanto che più di sei imprenditori su dieci non formulano alcuna previsione sull’Italia, mentre un 13,5% ancora teme la possibilità di una vera e propria recessione. Uno su quattro si attende comunque un rallentamento dell’economia.
Quali potrebbero essere le conseguenze nell’immediato? Certamente due sono gli ambiti su cui potrebbero esserci delle ricadute negative nei prossimi mesi: gli investimenti e l’occupazione.
Il 40% degli intervistati ha dichiarato che ridurrà gli investimenti e quasi uno su tre si attende una discesa del fatturato. Nel complesso, però, nonostante tutto, è prevista una tenuta dei livelli occupazionali: il 66,5% indica stabilità degli organici, il 21% una diminuzione del personale e il 12,5% un incremento.