L’Istituto per la bioeconomia del Cnr ha esaminato i dati relativi al vento registrati in diverse aree del pianeta negli ultimi vent’anni. Lo scopo è valutare le potenzialità eoliche dei siti e l’efficienza dal punto di vista della produzione energetica.
Lo storico dei dati metereologici per valutare le risorse eoliche
In un momento storico in cui gli equilibri delle economie nazionali stanno mutando, soprattutto in funzione del cambiamento climatico, lo sfruttamento del vento come fonte di energia rinnovabile costituisce una delle azioni più efficaci verso la transizione energetica.
Uno studio dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe), pubblicato sulla rivista “Renewable and Sustainable Energy Reviews”, ha posto l’attenzione su come le serie storiche di dati meteorologici forniscano valutazioni preliminari utili per l’identificazione delle aree più adatte alla produzione di energia eolica.
Grazie all’utilizzo delle numerose strumentazioni utili a raccogliere dati storici, come torri meteorologiche, stazioni a terra, radiosondaggi, boe marine e satelliti, è stato possibile ricostruire le condizioni atmosferiche del passato in maniera attendibile e di conseguenza stabilire con maggiore precisione le potenzialità di una determinata regione, sia in termini di risorse eoliche che di produttività energetiche.
Dati provenienti da 300 diverse località
La ricerca prende in considerazione i prodotti di rianalisi applicati dal 2004 al 2021 in più di 300 località sparse in tutto il mondo.
Secondo Giovanni Gualtieri, ricercatore del Cnr-Ibe che ha firmato la review, le rianalisi sono dati immediatamente disponibili con copertura mondiale e non obbligano alle campagne di monitoraggio localizzate di lunga durata, dai costi spesso elevati.
Inoltre, consentono di prevedere l’andamento di un parco eolico in termini di rendimento a lungo termine, riducendo i rischi economici derivanti dall’investimento effettuato.
Tra le altre cose si è appurato che le rianalisi sono affidabili nelle zone pianeggianti dell’entroterra e nelle aree lontane dalla costa. Quest’ultimo aspetto potrebbe essere particolarmente rilevante per paesi come l’Italia, che non hanno ancora sfruttato le potenzialità dell’eolico offshore.